17/12/13

Attenzione

Siamo quasi a Natale. La religione cattolica ci insegna che questo è un periodo di attesa.
Il consumismo che tutto il tempo a disposizione lo dobbiamo dedicare ai regali.
Entrambi (religione cattolica e consumismo) chiedono la nostra attenzione.

Così mi sono tornare alla mente alcune frasi lette in uno dei libri più preziosi che conosca, Gli imperdonabili di Cristina Campo.

" L'attenzione è il solo cammino verso l'inesprimibile, la sola strada al mistero. Infatti è solidamente ancorata al reale, e soltanto per allusioni celate nel reale si manifesta il mistero.

Davanti alla realtà l'immaginazione indietreggia. L'attenzione la penetra invece, direttamente come simbolo. Essa è dunque, alla fine, la forma più legittima, assoluta d'immaginazione.

Come il gigante dalla bottiglia, dall'immagine l'attenzione libera l'idea, poi di nuovo raccoglie l'idea dentro l'immagine.

Souffrir pour quelque chose c'est lui avoir accordé une attention extreme. E avere accordato a qualcosa un'attenzione estrema è avere accettato di soffrirla fino alla fine, e non soltanto di soffrirla ma di soffrire per essa, di porsi come uno schermo tra essa e tutto quanto può minacciarla, in noi e al di fuori di noi. E avere assunto sopra se stessi il peso di quelle oscure, incessanti minacce, che sono la condizione stessa della gioia.

Qui l'attenzione raggiunge forse la sua più pura forma, il suo nome più esatto: è la responsabilità, la capacità di rispondere per qualcosa o qualcuno, che nutre in misura uguale la poesia, l'intesa fra gli esseri, l'opposizione al male. Perché veramente ogni errore umano, poetico, spirituale, non è, in essenza, se non disattenzione.

Chiedere a un uomo di non distrarsi mai, di sottrarre senza riposo all'equivoco dell'immaginazione, alla pigrizia dell'abitudine, all'ipnosi del costume, la sua facoltà di attenzione, è chiedergli di attuare la sua massima forma.

E' chiedergli qualcosa molto prossimo alla santità in un tempo che sembra perseguire soltanto, con cieca furia e agghiacciante successo, il divorzio totale della mente umana dalla propria facoltà di attenzione".

Se tutti gli errori che facciamo sono dovuti alla disattenzione, facciamo meno cose, facciamole meglio. Questo è uno dei miei propositi per il 2014 !!!   

12/12/13

Sradicamento

Ho appena finito una riunione piuttosto pesante dal punto di vista emotivo.
Mi ripeto sempre che devo mettere da parte il mio senso di giustizia a volte, ma è troppo difficile. E così, per dare il giusto spazio anche a questa esigenza (e anche un po' per sfogo) mi rifugio nelle parole di Simone Weil a proposito di soldi e salario

Esiste una condizione sociale - il salariato - completamente e perpetuamente legata al danaro, soprattutto da quando il salario a cottimo costringe ogni operaio ad essere sempre teso mentalmene alla busta paga.

Il secondo fattore di sradicamente è l'istruzione quale è concepita al giorno d'oggi.

Quello che oggi vien detto "istruire le masse" significa prendere questa cultura moderna, elaborata in un ambiente così chiuso, così guasto, così indifferente alla verità, toglierne tutto quel poco che per avventura potesse ancora contenere (operazione questa che viene chiamata volgarizzazione) e far penetrare pari pari quel che residua entro la memoria degli sciagurati desiderosi di apprendere, come si dà il becchime agli uccelli.

Sul giovane scolaro gli esami hanno il medesimo potere ossessivo che ha il danaro sull'operaio che lavora a cottimo. Un sistema sociale è profondamente tarato quando un contadino lavora la terra pensando che, se fa il contadino, lo fa perché non era abbastanza intelligente per diventare maestro.

Lo sradicamento è di gran lunga la più pericolosa malattia delle società umane, perché si moltiplica da sola. Le persone realmente sradicate non hanno che due comportamenti possibili: o cadere in un'inerzia dell'anima quasi pari alla morte (come la maggior parte degli schiavi dell'impero romano) o gettarsi in un'attività che tende sempre a sradicare, spesso con metodi violentissimi coloro che non lo sono ancora o che lo sono solo in parte.

Chi è sradicato sradica. Chi è radicato non sradica.

[da La prima radice]

Grazie Simone per la tua lucidità! Ce ne fosse ancora anche oggi intorno a noi ...
    

10/12/13

Beni Comuni (a proposito di alberi, città e ribellioni)

L'altro giorno ho letto su internet questa lettera scritta da Piera Colonna, cittadina torinese.



Al Sindaco di Torino Dr. Piero Fassino.

Egregio Signor Sindaco,
premesso che abito in Borgo San Paolo da quarantacinque anni, che ho portato mio figlio a giocare nel Giardino Artiglieri di Montagna da quando è stato aperto al pubblico nel 1973, che ho seguito il processo a Renato Curcio celebrato nelle sale della vecchia caserma, che ho frequentato la biblioteca istituita nelle stesse sale dopo il processo, che ho portato i miei cani nell’area apposita da quando è stata creata, che ho visto piantare al posto di alte acacie delle piccole querce che poi sono diventate grandi, che ho visto fare e disfare zolle erbose e subito dopo con un po’ di malumore recintare una parte del giardino ed abbattere alberi secola ri per fare un campo di calcio, che con molto disappunto ho visto abbattere dopo pochi anni questa struttura per erigerne un’altra molto più vasta e devastante e costosa, che ho visto centinaia di ragazzini correre su prati di plastica, che quando nevica vedo montagne di detriti di questa plastica gettati insieme alla neve spalata dai prati di plastica sui residui prati veri, che ho visto sorgere e demolire le baracche per gli operai e tecnici che costruivano la metropolitana, e infine che al loro posto quest’anno con un poì di sollievo ho visto mettere a dimora piantine nuove e giochi per bambini, premesso tutto questo, dicevo, ho trovato sul sito del Comune di Torino questa pagina http://www.comune.torino.it/comune vende, che dice che il giorno 30 dicembre prossimo l’area sarà venduta con asta pubblica.
Vorrei ricordarLe che le aree verdi appartengono a tutti i cittadini e sono inalienabili in quanto necessarie per il bene comune, lo stesso bene comune per il quale ha combattuto Suo Padre ed è morto Suo Nonno. Vorrei ricordarLe che un albero di cento anni è un monumento alla Vita e che è ridicolo pensare di sostituirlo con un alberello da vivaio e che il “verde su soletta” non ne è che un pallido simulacro.
Vorrei ricordarLe che in un luogo dove molte generazioni di persone hanno vissuto e sofferto esiste un “genius loci” che non può essere calpestato per un pugno di soldi. Vorrei ricordarLe che una buona Amministrazione programma le spese in modo avve duto e che il fare e disfare costa molti sacrifici alla comunità.
Da ultimo comunico che, per salvare tutti quegli alberi che si vedono nella foto, sono disposta a fare lo sciopero della fame oppure a installarmici sopra, come fanno gli operai sulle gru, e a resistere ad oltranza fino a quando non saranno graziati.

Con stima
Piera Colonna



Togliendo il "con stima" che proprio non sopporto più questo rivolgersi con metodi politicamente corretti a dei corrotti e aggiungendo la genealogia femminile, ossia la madre e la nonna di Fassino che avranno combattuto alla stregua del padre e del nonno per i beni comuni, voglio aggiungere una citazione presa da un verbale del consiglio comunale di Torino. Questo per spiegare a Fassino e non solo cosa è veramente la politica e la tutela del benessere degli abitanti di una città. 

Una delle conseguenze positive del fare ricerca storica è quella di trovare affinità e differenze e portarle a conoscenza delle persone che ci leggono in modo da contribuire alla loro presa di coscienza e aiutarli a decostruire e ricostruire il concetto di bene comune e di benessere plasmato da decenni di capitalismo e mentalità individualista spietata. 
L'intervento risale al 1974 ed ha per oggetto il concetto di casa come diritto inalienabile. E la pianificazione urbanistica della città ne è uan conseguenza diretta:
“Quartieri cittadini come la Falchera e, per altro verso le Vallette, insediamenti come quelli di corso Grosseto, chiamato la muraglia cinese, sono esempi di una tipologia urbanistica che ha le più gravi ripercussioni sui processi di socializzazione e di acculturamento dei residenti, oltre a recare loro gravi disagi e danni nelle ore di avvio al lavoro e nel successivo periodo di cosiddetto tempo libero, gravemente decurtato e deteriorato dalla fatica di percorsi talvolta assai lunghi e scomodi per portarsi alla fabbrica e alla casa. L'isolamento di questi cittadini è uno strumento che tende alla loro depoliticizzazione, legandoli a esigenze elementari, ed estraniandoli da informazioni, contatti, possibilità di partecipazione a iniziative pubbliche di più largo raggio che non siano quelle strettamente locali e familiari. […] Resta reale il fato che la periferia isola i cittadini in misura direttamente proporzionale alla carenza di infrastrutture e di comodità esistenti distribuendo diversamente le opportunità di esistenza, creando squilibri e tensioni, conservando nella metropoli modi e stili di vita arretrati, depauperati di beni culturali, e tali da eludere, con la falsa apparenza di un bisogno non immediato di intervento, le azioni riparative. […] Non è meraviglia che le sfavorevoli condizioni ambientali, l'assenza di adeguate infrastrutture, la mancanza di servizi, favorisca l'analfabetismo in aumento oggi a Torino e tendenze asociali. Ma anche là dove non si hanno manifestazioni così gravi di regresso di vita civile, la vita dei quartieri è difficile, mancando luoghi d'incontro, biblioteche, centri sociali, canali di comunicazione; sicché persino dove c'è fervore di incontri e di iniziative si stenta a trovare una connessione con i problemi dell'intera collettività e si cade talora nel corporativismo”. 

L'alienazione fisica diventa alienazione psicologica e sociale.

07/11/13

Questioni di peso

Dopo la parentesi australiana mi sto ributtando negli eventi torinesi.
Ieri sera presentazione del libro di Gian Enrico Rusconi, Marlene e Leni. Seduzione, cinema e politica, Feltrinelli 2013. Tralascio di provare a chiedermi e a rispondermi perché un professore emerito, politologo e storico arrivato a una certa età e con aria da guascone si metta a scrivere un libro di cinema perché lui non scrive di cinema, scrive un libro su due donne che in un qualche modo sono anche nel suo immaginario e non solo in quello delle Repubblica di Weimar.
Rusconi fin dall'inizio ammette di parteggiare per Marlene (Dietrich) e lo si capisce bene perché le dedica quasi tutto l'intervento. A Leni rimangono le briciole. A noi (io e mie due amiche) che pazientemente lo ascoltiamo neanche quelle.

Tuttavia, e direi per fortuna, mentre lui parla ecco la prima illuminazione della serata: la maggior parte delle donne che conosco quando parla in pubblico è agitata, emozionata, si prepara come se il giudizio del pubblico la spedisse direttamente all'inferno o in paradiso. Gli uomini no. Alcuni di loro riescono a far passare in queste presentazioni un misto di supponenza e arroganza da Superuomo. Lo si sente nel tono della voce, lo si percepisce nella comunicazione verbale e non verbale.

C'è da ragionare su questa suggestione. Le donne ora possono parlare in pubblico ma come ci stiamo davanti a una platea? riusciamo a sostenere un dibattito?

La seconda illuminazione tratta proprio di questo. Non in generale, ma di come io riesco a sostenere un dibattito. Alla discussione sul libro partecipa anche un professore di cinema dell'Università di Torino, non è un vero e proprio dibattito, perché ognuno ha la sua parte. Chi introduce, l'autore e il professore. Il professore a un certo punto dice che nel cinema americano non ci sono donne produttrici fino agli anni Quaranta. Sobbalzo sulla sedia. Ma come? Partecipo a convegni internazionali che mirano proprio a togliere dall'oblio queste donne e ora lui me le ricaccia con una superbia irritante? Sì perché l'incipit alla segnalazione della mancanza di donne è questo "le mie colleghe femministe si arrabbiano quando dico che non ci sono produttrici, ma è così, non sono io maschilista lo è l'industria del cinema" ... Un piccolo pensiero a Jessica Rabbit "Io non sono cattiva, è che mi disegnano così".

Visto che non c'è spazio per il dibattito, decido di fare le mie osservazioni fuori. Apriti o cielo. Innanzitutto mi urla contro. Ma casomai sono ignorante, non sorda. Poi la butta sul peso. Non ci sono donne di peso nella storia del cinema americano. Nessuna donna ha prodotto "Via col vento". Poi la sfida: "se riesci a trovarmi una donna così ti stacco un assegno".

E la conversazione va avanti per un quarto d'ora. Il tasto su cui lui batte è che le donne non hanno peso storicamente né nel cinema né nelle altre arti. Inutili le ricerche che ne riscoprono i profili, perché tanto non cambiano la narrazione.

Stamattina ecco l'illuminazione che ha il sapore del paradosso: come si può chiedere alle donne di avere peso simbolico, se nel contempo si offre loro un immaginario vincente di magrezza sul piano fisico?!?! Quanto il peso simbolico è legato a quello fisico? Ci può essere un conflitto tra questi due pesi? E se ci liberassimo dell'ossessione del peso e della magrezza potremmo acquistare maggior peso sul piano simbolico?

Ma poi veramente lui pensa di essere pulito? Pensa davvero che nella sua posizione di potere non può contribuire al cambiamento della narrazione del cinema? Se l'industria coeva ha escluso queste donne dal mercato perché lui le deve ricacciare nell'oblio? E poi chi lo dice che queste donne volevano produrre kolossal? Solo una mente patriarcale e capitalista, che crede a una produzione neutrae a una linea di progresso evolutiva lineare dove le donne "finalmente" stanno acquisendo pari diritti e pari opportunità e quindi possono combattere ad armi pari con gli uomini nel mercato (cinematografico).

Difficilmente si pensa che magari molte donne non hanno voglia di combattere e preferiscono fare altro. E ne godono di più. Come al solito è una questione di desiderio e di libertà.

05/11/13

Fate l'amore non fate la guerra

Ieri era la giornata delle Forze Armate.
Ha fatto molto scalpore la presa di posizione del sindaco di Messina, Renato Accorinti, il cui discorso è stato un inno alla pace. Nelle sue parole Renato ha citato il Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini "Svuotate gli arsenali fonti di morte e riempite i granai fonti di vita!" e l'articolo 11 della Costituzione Italiana dove si legge "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali [...]". 

Da ieri è un susseguirsi di commenti a favore e contro il gesto. 
Chi dice che non era il luogo adatto anche se condivide.
Chi disapprova.
Chi applaude al gesto e al coraggio. 
Chi è indignato per il sangue dei tanti uomini e delle tante donne versato per la "nostra" difesa. 

Il Ministro per la Pubblica Amministrazione e Semplificazione Gianpiero D'Alia commenta il gesto del sindaco come "provocazione demenziale e inopportuna". 

 Ma come si può condividere questa affermazione? Veramente inneggiare alla pace può essere una provocazione demenziale e inopportuna? 

Probabilmente sì se lo si fa durante la celebrazione delle Forze Armate. Probabilmente sì se lo si fa durante una cerimonia ufficiale. Se si osa contestare l'ordine costituito. E se lo si fa da dentro quest'ordine. 

Poi c'è la denigrazione del gesto. Oltre all'offesa. Pare che il sindaco si sia scordato nel suo gesto di tutti quei militari che muoiono nelle missioni di pace! E' un ingrato. 


Ma io mi chiedo: come è possibile attuare questa inversione di pensiero? Come è possibile che la locuzione "missioni di pace" renda onorabile l'intervento armato in luoghi dotati di sovranità riconosciuta dallo Stato Italiano? Perché i militari doneranno caramelle, aiuteranno i feriti e faranno sorrisi alla popolazione ma lo fanno sempre armati fino ai denti, con le tute mimetiche e il mitra sotto il braccio! 

Fino a quando si esalterà paura e violenza la maggior parte delle persone richiederà la protezione delle Forze Armate. C'è bisogno quindi di riequilibrare l'immaginario che ci circonda. Io lo faccio con il libro di una mia amica, Anna Bravo, che si intitola La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato.

Riporto un piccolo riassunto del contenuto.
È un’idea malsana che quando c’è guerra c’è storia, quando c’è pace no.
Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato.
Si parla e si scrive molto di guerre, di eccidi e di violenze. È il racconto del sangue versato. Ma non saremmo qui se qualcuno non avesse lavorato per risparmiare il sangue. Le storie raccontate nel libro mostrano due verità. La prima: il sangue può essere risparmiato anche da chi non ha potere, o ha un potere minimo. La seconda: se è importante raccontare una guerra, ancora più importante è descrivere come un conflitto non è deflagrato. Per capire come si può fare, e con che mezzi.

Questo è un modo diverso di fare la storia. E di raccontarla.
   

28/10/13

Pulizie di primavera

Ieri sono tornata da un viaggio in Australia lungo un mese.
Un viaggio in cui sono riuscita a mischiare lavoro e vacanza.
Un viaggio in cui per molto tempo sono stata da sola e da sola me lo sono costruita.
La prima cosa che ho pensato dopo aver svuotato lo zaino è stata: ne approfitto per fare il cambio degli armadi - che ormai è giunto il momento di mettere nei cassetti gli abitini estivi.
La seconda è stata: approfittiamo di questo momento di grazia creato dal viaggio per sbarazzarmi degli abiti che non metto più, quelli regalati e mai piaciuti, poco indossati, ormai inutili.

Lo stato di grazia creato dal viaggio con lo zaino in spalla è fondamentale: in quei momenti ti accorgi di quante cose superflue e inutili ci circondiamo.
Queste cose rendono pesanti e difficoltosi i nostri passi nel mondo.
Giunge il momento perciò di rimetterle in circolo e per noi di muoverci in modo più leggero, senza quegli impedimenti che molto spesso sono prima fisici e poi mentali.




Nel libro Vagabonding c'è questo elenco:
- una guida
- un paio di sandali
- articoli per l'igiene personale
- qualche medicinale essenziale
- crema protettiva
- tappi per le orecchie
- qualche piccolo regalo
- qualche cambio di vestiti semplici e funzionali
- un vestito elegante per le occasioni formali
- un coltello da tasca
- una torcia
- occhiali da sole
- zainetto resistente
- macchina fotografica
- scarpe comode e resistenti


In poche parole: il meno possibile. Punto e basta. Non che vestiti e scarpe non mi piacciano, anzi, ma arrivano certi momenti nella vita in cui bisogna far spazio ad altro (anche ad altri vestiti e scarpe). Creare degli spazi vuoti, avere il coraggio di voltare pagina, per far entrare qualcosa di nuovo.

Il viaggio all'inizio crea le condizioni del distacco fisico, poi però quando si ritorna cerchiamo di sfruttare questo distacco sul piano mentale. 


23/09/13

Vagabonding

Tra un paio di giorni parto per l'Australia.
La scusa del viaggio è un convegno di cinema.
La vera motivazione è mettermi alla prova ... viaggiare da sola in un contesto completamente sconosciuto.

Qualche anno fa ho comprato, su consiglio di una preziosa amica, un libro altrettanto prezioso
Vagabonding. L'arte di girare il mondo di Rolf Potts (Edizioni Ponte alle Grazie).



Ed ora eccomi qui a pensare al mio viaggio. Un mese di quasi totale libertà. Quasi perché al giorno d'oggi è veramente difficile pensare di uscire dal reticolo tecnologico che ci circonda.


Però saranno giorni da inventare, quelli dopo il convegno.
Disporrò di una libertà che apre e che intimorisce allo stesso tempo perché non si è più abituati.


Così per darmi un po' di coraggio e per condividere questa esperienza, ho pensato di inserire alcune citazioni dal libro.





Se avete costruito castelli in aria,
il vostro lavoro non sarà sprecato:
è quello il posto in cui devono stare.
E adesso metteteci sotto delle fondamenta.
Henry David Thoreau, Walden


Il vagabonding non è soltanto un rituale che include vaccinazioni e valigie da fare, ma è piuttosto la pratica costante della ricerca e dell'apprendimento, dell'affrontare paure e modificare abitudini, del coltivare un nuovo incanto per popoli e luoghi. 



Viaggiare è il modo migliore
per salvare l'umanità dei luoghi,
preservandoli dall'astrazione
e dall'ideologia.
Pico Iyer, Why we travel



Il vagabonding è come un pellegrinaggio senza meta: non è una ricerca di risposte, bensì una celebrazione dell'interrogare, un abbraccio all'ambiguo e un'apertura verso tutto ciò che incrocia il nostro cammino.
 




24/08/13

Kintsugi o dell'arte di recuperare migliorando

Quando ero adolescente m'è capitato molto spesso di dire a delle persone "non parlarmi più per tutta la vita!" senza avere la minima idea che una vita è fatta di ore, giorni, settimane, mesi e anni. E in questo lasso di tempo le cose cambiano, i rapporti si rivedono, le situazioni si fanno e di disfano.

E' incredibile come nell'adolescenza si ha questo senso totale dell'assoluto, un'arroganza mista a ingenuità che ci permette di utilizzare termini come *mai* e *sempre*

Oggi quando litigo con qualcuno/a, quando litigo anche ferocemente, non riesco a essere così netta. C'è un senso di compassione, chiamiamolo così, che non mi permette di affondare completmente parole e gesti non preoccupandomi dei sentimenti dell'altra persona. Non so se sia meglio o peggio ma è così. Penso a chi vuole bene a questa persona, all'armonia del mondo, al karma e mi fermo.

Ma c'è una linea sottile tra il subire e il difendersi. E cerco di stare molto attenta a non oltrepassarla.
Per esempio in questo periodo ho un rapporto burrascoso con una persona che non riesco proprio a gestire. Pare che ogni cosa che faccio non vada bene e questo mi genera sofferenza. Mi genera sofferenza soprattutto il non vederci chiaro in questo rapporto perché l'altra persona sfugge, si sottrae ad un confronto.

Mi chiedo dopo mesi di tentativi è ora di chiudere, di lasciarsi tutto alle spalle, di accettare un non rapporto (che ha pure il retrogusto di sconfitta per il mio orgoglio) o di provare ancora, di lasciare degli spazi che l'altra persona possa*voglia riempire. Di lasciare il tempo necessario. Anche se non è coordinato con il mio. Lasciare che siano i suoi modi e non i miei a essere agiti ...

Insomma come al solito mille dubbi quando ci si ferma a pensare, poi ieri su facebook mi imbatto in un post che parla di Kintsugi ossia una tecnica giapponese usata nella riparazione degli oggetti.  




Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bello.



Effettivamente gli oggetti di queste foto sono veramente *più* belli. L'oro che ha riempito le crepe conferisce un senso di luminosità fantastico che li rende ancora più belli e sicuramente più preziosi. Ma anche per i rapporti umani può essere così? 



Davvero c'è sempre la possibilità di riempire le distanze - anche quelle che ci sembrano incolmabili con dell'oro?
Davvero abbiamo sempre a disposizione tanto oro quanto ne abbiamo bisogno? 



15/08/13

Osare la libertà... [anche attraverso la ricerca]

Fare ricerca per me significa approdare in spazi e tempi sconosciuti. 
Rivedere ciò che credevo naturale e avere la consapevolezza che c'è stato un preciso momento in cui è stato pensato e costruito culturalmente e che solo l'abitudine e il tempo ce lo fanno percepire come archetipico. 
Osare cambiare il mondo che mi circonda.
Osare realizzare i miei desideri.
Combattere le mie paure. 
Vivere. 

Per la ricerca che sto seguendo in questo momento, un misto di cinema muto italiano, storia delle donne e archeomitologia femminista, sto leggendo molto materiale sullo sciamanesimo femminile. 

Ho trovato queste due poesie che sono un tuffo nella libertà    


Io sono aria
e l’aria non la puoi richiudere.
Io sono acqua
e l’acqua non la puoi contenere.
Io sono fuoco
e il fuoco non lo puoi controllare.
Io sono terra
e la terra non la puoi imbrigliare.
Io sono spirito
e lo spirito non lo puoi domare.
Io sono figlia della Madre
aria, acqua, fuoco, terra e spirito,
impastati nel suo grembo
e cullata sul suo cuore pulsante.
Vedi?
La sua scintilla divina
brilla in fondo ai miei occhi,
per quanto spenti essi siano,
pulsa nel mio cuore
per quanto triste esso sia.
E per quanto stanca, ferita,
umiliata e sconfitta io possa essere,
da Lei ricomincerò a brillare,
ed in Lei riprenderò a vivere.

Petra





Il cerchio ha il potere di guarigione.
Nel cerchio, siamo tutti uguali.
Nel cerchio, nessuno è davanti a voi.
Nessuno è dietro di voi.
Nessuno è di sopra di voi.
Nessuno è di sotto di voi.

Il cerchio sacro è progettato per creare unità.
Il cerchio della vita è anche un cerchio.
In questo cerchio c'è posto per ogni specie, ogni razza, ogni albero e ogni pianta.
E 'questa la completezza della vita che deve essere rispettata perchè sia ripristinata la salute e il benessere del nostro pianeta.

Dave Chief, Oglala Lakota

08/08/13

Chi ha paura delle donne libere?

 
Giorni fa ho avuto un grosso scontro con una mia amica. In poche parole si trattava di decidere se coinvolgere o meno in un progetto contro la violenza sulle donne, un'associazione che ha un grande impatto mediatico, ma che, a mio avviso, fa violenza sulle donne. Perché è inserita nel sistema patriarcale che è strutturalmente violento. 

Si tratta di una questione di principio molto importante: non ci si può alleare con chi, anche inconsciamente, sta nel sistema per cambiare il sistema in cui viviamo! 

Molto spesso, oltre all'opportunismo, in molti casi agisce la mancanza di conoscenza storica. In queste settimane sto preparando un intervento per un convegno su donne e cinema muto intrecciato con l'archeologia femminista. Inserire nel mio sguardo sul mondo che mi circonda nelle mie azioni ciò che leggo è fondamentale per riconoscere le dinamiche che stanno alla base della nostra società, passaggio fondamentale per poi anche solo pensare di osare il cambiamento. E limitare la sofferenza che molto spesso ancora troppe donne provano quando decidono di darsi la felicità. 

Proprio per questo motivo voglio condividere alcuni dei risultati delle ricerche di Nanno Marinatos, archeologa greca, sul passaggio da una società matrifocale, incentrata sul femminino, ad una decisamente patriarcale. Prendendo per esempio Artemide, Marinatos parla di un'involuzione dell'immaginario: Artemide passa da dea selvaggia a dea terribile e pericolosa. Non solo, le sue caratteristiche di verginità e non-maternità vengono intese come negative, poiché narrate come anti-maternità. Una donna priva di legami e senza prole diventa un mostro assassino divoratore di bambini, diventa un'orchessa, una strega. La paura verso ciò che non è controllabile – il femminile non procreativo come anticipatore della morte – provoca la rappresentazione del mostruoso. Non toccata dagli uomini e senza alcuna esperienza di maternità, la femminilità diventa pericolosamente potente. Perché biologicamente parlando la donna è più forte dell'uomo e se la sua potenza non viene canalizzata all'interno di un sistema sociale stabile, come la domesticità e la maternità, viene percepita come un eccesso di forza inaccettabile che deve essere esorcizzata. L'esorcismo si fonda sull'uccisione reale o simbolica della vittima per neutralizzare un pericolo: uccidere diventa “cosa buona e giusta” se la vittima è mostruosa. E date le parentele tra la donna “anti-materna” e il mostro, diventa cosa buona giusta sottomettere la potenza (la seduzione?) di un soggetto che si mostra come lo scacco della domesticità. Lo schema funzionale-razionale – ovvero il sacrificio per ottenere sicurezza – diventa uno schema biologico-narrativo che assume connotati culturali e dimostrativi e che nel corso dei secoli è diventato “naturale”. 

Quante violenza, quanta sofferenza dovremo ancora provare sulla nostra pelle, noi donne, prima di riuscire a svincolarci da tutto ciò? Quanto diventa importante, anzi fondamentale, il processo di impoteramento, di recupero delle nostre vere caratteristiche naturali, del rapporto con la natura, con la vita, per guarire, staccarci da questo sistema che ci vuole deboli, sottomesse, schi

Sognare audacemente


Per chi si sta chiedendo se valga la pena sognare.
Per chi dopo aver deciso di sognare si sta chiedendo quale sogni fare 
Per chi sta pensando che i sogni siano limitati al tempo notturno
Per chi ha bisogno di un piccolo incitamento a realizzare i propri sogni ...  


Quando non si facessero più sogni audaci,
anche le azioni audaci sulla Terra cesserebbero.

I sogni audaci sono il carburante indispensabile
per il motore del Fare.

I sogni audaci sono la miccia d’oro
per la forza vitale dell’Essere.

Ciò che non si può sognare
non si può fare.

Rialzatevi!
Non impeditevi di sognare,
seminate ovunque
i sogni più belli,
i sogni più audaci
sorti dall’Anima con un ruggito.

Clarissa Pinkola Estés tratto da “Forte è la Donna


05/08/13

Spazio Poesia

In questi giorni torna molto nei miei discorsi la parola coraggio e delle sue varianti.
Ho trovato due poesie da condividere con voi intorno a questo tema


È tempo che tu venga e mi prenda

Ancora ho paura di legarti con il filo del mio respiro,
di vestirti con le azzurre bandiere del sogno,
di accendere fiaccole alle porte di nebbia
del mio oscuro castello, perché tu possa trovarmi...
Ancora ho paura di scioglierti dai giorni luccicanti,
dalla caduta dorata del fiume solare del tempo,
quando sul volto terribile della luna
schiuma, d'argento, il mio cuore.
Alza gli occhi e non guardarmi!
Calano le bandiere, consumate sotto le fiaccole
e la luna descrive la sua orbita
È tempo che tu venga e mi prenda, sacra follia!

Ingeborg Bachmann




Il mio cuore non fa che nascondersi
dietro il mio spirito per pudore:
io parto per strappare una stella al cielo e poi,
per paura del ridicolo,
mi chino a raccogliere un fiore.

Edmond Rostand - Cyrano de Bergerac

03/08/13

Non parlare ma agisci ... o almeno balla !!!


I conitnui discorsi mi annoiano ...
le persone passano troppo tempo a parlare
spiegarsi, confrontarsi nei discorsi
a volte è meglio passare all'azione
provare a fare, tentare nuove strade


LA DANZA 
 
Ti ho mandato il mio invito,
La nota inscritta sul palmo della mia mano dal fuoco delle vita.
Non saltare su e urlare “Sì, questo è quello che voglio! Facciamolo!”
Alzati in piedi con calma e balla con me.

Mostrami come segui i tuoi desideri più profondi,
scendendo a spirale nel dolore dentro al dolore
e io ti mostro come raggiungo l'interno e mi apro all'esterno
per sentire il bacio del mistero,
dolci labbra sulle mie, ogni giorno.

Non dirmi che vuoi tenere il mondo intero nel tuo cuore.
Mostrami come eviti di fare torto a qualcun altro
senza abbandonare te stesso
quando sei ferito e hai paura di non essere amato.

Raccontami una storia di chi sei
e vedi chi sono io nelle storie che vivo.
E insieme ci ricorderemo che ognuno di noi ha sempre una scelta.

Non dirmi come saranno meravigliose le cose … un giorno.
Mostrami che sai rischiare di essere completamente in pace,
veramente a posto con il modo in cui le cose sono ora in questo momento
e ancora in seguito e in seguito e in seguito …

Ho ascoltato abbastanza storie di guerrieri di eroico ardire.
Dimmi come crolli quando colpisci il muro,
il posto oltre il quale non puoi andare con la forza della tua volontà.
Cosa ti porta dall'altro lato del muto,
dalla fragile bellezza della tua umanità?

E dopo che ci siamo mostrati reciprocamente come abbiamo posto e mantenuto
i chiari, sani confini che ci aiutano a vivere fianco a fianco l'uno all'altro,
rischiamo di ricordare che non smettiamo mai silenziosamente di amare
coloro che una volta abbiamo amato rumorosamente.

Portami nei posti sulla terra che ti hanno insegnato a ballare,
i posti dove puoi rischiare di lasciare che il mondo rompa il tuo cuore.
E io ti porterò dove la terra sotto i miei piedi e le stelle in cielo
rendono il mio cuore colmo ancora ed ancora.

Mostrami come ti prendi cura degli affari senza lasciare che gli affari determino chi sei.
Quando i bambini sono nutriti, ma ancora le voci dentro ed intorno a noi gridano
che i desideri dell'anima hanno un prezzo troppo altro, ricordiamoci l'uno all'altro
che non è mai una questione di soldi.

Mostrami come offri alla tua gente e al mondo le storie e le canzoni che vuoi
che i figli dei nostri figli ricordino.
E io ti mostrerò come lotto non per cambiare il mondo, ma per amarlo.
Siediti a fianco a me nei lunghi momenti di condivisa solitudine
conoscendo sia la nostra assoluta solitudine sia il nostro innegabile appartenere.

Danza con me nel silenzio e nel suono di piccole quotidiane parole,
senza tenere né l'uno né contro di me alla fine del giorno.
E quando il suono di tutte le dichiarazioni delle nostre più sincere intenzioni
è stato spazzato via dal vento,
danza con me nell'infinita pausa prima del prossimo grande inalo di respiro
che sta alitando noi tutti nell'essere,
non riempiendo il vuoto dall'esterno o dall'interno.

Non dire, “Sì!”
Prendi la mia mano e balla con me.

Oriah Mountain Dreamer, The Dance

La bellezza (piccolo omaggio a Cristina Campo)


In questi giorni sto pensando molto ad atti di coraggio.
Miei atti di coraggio.
Atti di coraggio degli altri.
Atti di coraggio delle altre.
Atti di coraggio d'amore.
Atti di coraggio nelle relazioni.
Atti di coraggio di sovvertire l'ordine costituito.


Mi sono tornate alla mente questi versi di William carlos Williams tradotti da Cristina Campo




"Ma è vero,
essi la temono,
più della morte:
si teme la bellezza, 
più di quanto non si teme la morte.

E hanno ragione, 
perché accettare la bellezza 
è accettare una morte, 
una fine del vecchio uomo,
una difficile nuova vita." 




29/07/13

Desiderio (vinci tu...)

Oggi ho un desiderio che non mi esce dalla testa.
E mi fa bene
E mi fa male
Ma c'è ed è difficile farlo scomparire

Ho trovato questa poesia assolutamente adatta



Danzate nel Vostro Sacro Fuoco

Shakti è ciò che si muove, che danza,
che respira, che si estende al di là di
quello che si è sognato per se stessi.
Shakti è ciò che spinge il seme a germogliare,
l'universo ad espandersi, l'uccello a migrare,
è l'energia nucleare al centro di tutte le cose.
Il modo più diretto che possiamo sperimentare la potenza della Shakti
è l'urgenza che brucia di desiderio.
(Sì, tuffiamoci sorelle, proprio in quel calore.)
Il desiderio può essere veleno,
e il desiderio può essere la medicina.
Sappiamo tutti come possiamo perderci nelle ossessioni,
nelle dipendenze, nel desiderio senza fine e nel bisogno.
Si ~ ~ desiderio lasciato nell'inconscio,
può condurre verso luoghi bui.
Ma lo stesso desiderio, radicato nel servizio,
è il tuo elisir di lunga vita.
Abbiate il coraggio di desiderare di dare i vostri doni , il desiderio di un mondo migliore, il desiderio di vivere con l'amore, per creare bellezza, che sarà nutrimento per tutti noi.
Il coraggio di lasciare che quella fiamma sacra dentro di voi
cresca calda e pericolosa,
e sarete in grado di guardare il mondo dritto negli occhi,
e dire
oh sì, ho visto nella profondità della bellezza
e io non mi accontento di niente di meno.

Danzate nel Vostro Sacro Fuoco.



l'urgenza che brucia di desiderio rimodula il mio rapporto col tempo ...

25/07/13

L'erotico come potere

Se c'è una cosa che mi infastidisce molto è l'idea che le donne siano sempre divise in due categorie: le sante e le puttane. Narrate in questo modo siamo co-strette dentro un modello che non è quello scelto da noi. Siamo frustrate, in ogni caso, perché dobbiamo aderire ad un modello, altrimenti non siamo viste, considerate. E il non essere considerate è fonte di infelicità.

La narrazione delle donne, storicamente, è sempre stata fatta a partire dal corpo. Le donne per molti secoli non hanno avuto un'anima, non hanno avuto un cervello. Non avendo pensieri l'unico modo in cui potevano essere considerate era a partire dal corpo. Anche oggi in molti casi è così. E lo vediamo dal masochismo con cui trattiamo il nostro corpo, noi donne. Anoressia, bulimia, sciatteria, interventi chirurgici sono solo alcuni esempi di come il corpo sia importante. E se è importante il corpo, è importante anche il piacere che passa, è prodotto, esce dal nostro corpo.

Di conseguenza anche gli aspetti sessuali e sensuali sono fondamentali. C'è bisogno di indagare il nostro desiderio femminile, di autodeterminarlo, di esprimerlo al di fuori della narrazione maschile. Così non saremo più sante o madonne due facce di una stessa medaglia da cui ci dobbiamo liberare. E liberandoci da questi stereotipi, libereremo anche il senso di sorellanza con le altre donne, perché non saremo costrette a puntare il dito l'una contro le altre nell'asservimento a un modello maschile patriarcale che mira a dividere le donne tra loro.

Vi propongo quindi un estratto di Audre Lorde sull'Use dell'erotico come potere 

La parola "erotico" viene dalla parola greca "eros", la personificazione dell'amore in tutti i suoi aspetti. Eros è nato dal Caos, e personifica il potere creativo e l'armonia. Quando parlo dell'erotico, dunque, ne parlo come di un' asserzione della forza vitale delle donne; di quella potenziata energia creativa, la cui conoscenza e il cui uso stiamo ora rivendicando nel nostro linguaggio, nella nostra storia, nella nostra danza, nel nostro amore, nel nostro lavoro, nelle nostre vite. Ci sono frequenti tentativi di equiparare pornografia ed erotismo, due usi del sessuale diametralmente opposti. In seguito a questi tentativi, è diventato di moda separare lo spirituale dal politico, vederli come contraddittori o antitetici. Nello stesso modo, abbiamo separato lo spirituale e l'erotico, riducendo così lo spirituale ad un mondo di piatta affettazione - un mondo dell'ascetica che aspira a non sentire nulla. Ma tutto ciò è lontano dalla verità, perchè la posizione dell'ascetica è quella della massima pausa, della più grave immobilità. La severa astinenza dell'ascetica diventa l'ossessione dominante. Ed è quella non di un autodisciplina, ma di un auto-abnegazione. La dicotomia tra lo spirituale e il politico è anch'essa falsa,risultato di un'incompleta attenzione alla nostra consapevolezza erotica. Perchè il ponte che li connette è formato dall'erotico, dal sensuale, dalle espressioni fisiche, emotive e psichiche di ciò che è più forte,profondo e ricco entro ciascuna di noi: le passioni d'amore, nei suoi più profondi significati. La frase "sento che mi fa star bene" riconosce la forza dell'erotico come una vera consapevolezza; significa che ciò che si sente è la prima e più potente luce-guida verso ogni comprensione. E la comprensione è una ancella che può solo servire, o chiarificare,quella consapevolezza profondamente nata. L'erotico è la nutrice di tutta la nostra più profonda coscienza. L'erotico funziona per me in molti modi, ed il primo è nel potere che deriva dal condividere profondamente qualcosa con un'altra persona. Condividere la gioia, sia fisica che emotiva, psichicha o intellettuale crea un ponte tra coloro che la condividono che può essere la base per comprendere di più quello che non è condivisotra loro, e riduce la minaccia della loro differenza. Un altro modo importante in cui la relazione erotica agisce è la sottolineatura aperta e senza paura della mia capacità di gioia. Come il mio corpo si distende con la musica e si apre in risposta ad essa, ascoltando i suoi ritmi più profondi, così ad ogni livello del sentire mi apro all'esperienza eroticamente soddisfacente, sia essa danzare, costruire uno scaffale, scrivere un poema, esaminare un'idea. Quando questa relazione con me stessa è condivisa, è una misura della gioia che so di poter sentire, un promemoria della mia capacità di sentire. E quella profonda e insostituibile conoscenza della mia capacità di gioia mi porta ad esigere che tutta la mia vita venga vissuta nella consapevolezza che questa soddisfazione è possibile, e non deve essere chiamata matrimonio, nè dio, nè un'altra vita. Questa è una delle ragioni per cui l'erotico è così temuto, è così spesso relegato nella camera da letto, oppure non viene addirittura riconosciuto.Perchè una volta che cominciamo a sentire profondamente tutti gli aspetti delle nostre vite,cominciamo ad esigere di sentirci, e che le occupazioni delle nostre vite ci facciano sentire in sintonia con quella gioia di cui sappiamo essere capaci. La nostra consapevolezza erotica ci potenzia e diventa una lente attraverso la quale scrutiamo tutti gli aspetti della nostra esistenza; e ci obbliga a valutare questi aspetti onestamente,nei termini del loro relativo significato nelle nostre vite. E questa è una seria responsabilità, proiettata all'interno di ciascuna di noi, che non ci permette di accontentarci di ciò che è conveniente, scadente di accettare l'aspettativa convenzionale, la semplice sicurezza. Durante la seconda guerra mondiale, compravamo pacchetti sigillati di bianca e incolore margarina,con una minuscola pillola colorata di giallo intenso collocata come un topazio proprio dentro l'involucro chiaro del pacchetto. Dovevamo lasciare la margarina fuori per un pò ad ammorbidire, e poi dovevamo sbriciolare la pillola nel pacchetto, distribuendo il ricco colore giallo dentro la massa soffice e pallida della margarina. Poi prendendola attentamente tra le dita, dovevamo impastarla dolcemente avanti e indietro, ancora e ancora, finchè il colore non si fosse amalgamato in tutta la libbra di margarina, lasciondola completamente colorata. Considero l'erotico come un simile nucleo in me stessa. Quando viene liberato dalla sua costrittiva pillola, fluisce e colora intensamente la mia vita con una energia che innalza, sensibilizza e rafforza tutta la mia esperienza.

24/07/13

Moon power

Troppo tempo che non scrivo
Troppe cose da scrivere
Troppo poco tempo a disposizione
ma oggi ho trovato un pezzo interessante da condividere



Si tratta di un pezzo sulla potenza della luna e delle sue fasi lunari. L'astrologa Amy Piermarini divide il mese lunare in otto fasi che corrispondono ad altrettante energie:

* Luna Nuova * giorno 1-3 e mezzo: sognare nuovi inizi, pagina vuota. La luna nuova (luna scura o senza luna) non è visibile nel cielo notturno, la sua energia può essere usata per creare una visione, un desiderio.

* Luna Crescente (verso il primo quarto) * giorno 3 e mezzo - 6: iniziare intenzione, speranze, desideri. L'energia della luna crescente può aiutare a organizzare le risorse necessarie per realizzare la visione e il desiderio.

* Primo quarto * giorno 6 - 9 e mezzo: manifestare sfide, decisioni, azioni. L'energia della mezzaluna crescente può aiutare a utilizzare le risorse per iniziare a completare visione e desiderio.

* Luna Crescente (verso la luna piena) * giorno 10 - 13 e mezzo: perfezionare regolare, perfezionare, modificare. Questa luna aiuta a mettere a punto gli obiettivi, raccogliere opinioni di altre persone e fare qualche correzioni alla visione e al desiderio.

* Luna Piena * giorno 13 e mezzo - 17 e mezzo: illuminare firmato, sigillato, timbrato. La luna piena illumina e la sua luce porta alla manifestazione di energie per la visione e per il desiderio. Si è in grado di vedere dove si è in procinto di realizzare la visione e il desiderio.

* Luna Calante (verso l'ultimo quarto) * giorno 17 e mezzo - 21: condividere gratitudine, condivisione, entusiasmo. L'energia della luna calante consente di distribuire e di condividere ciò che si è imparato in modo da poter avere una più chiara comprensione di cosa fare dopo.

* Ultimo quarto * giorno 21 - 24 e mezzo: valutare rilasciare, lasciarsi andare, perdonare. Il terzo quarto di luna aiuta a rivedere e / o perfezionare ciò che è stato raccolto durante la luna crescente in modo da poter determinare ciò che è necessario come passo successivo per seguire la visione e il desiderio.

* Luna Calante (verso la luna nuova) * giorno 24 e mezzo - 28: arrendersi riposare, recuperare. Questa fase è un momento per ritirarsi e lasciare andare gli attaccamenti per far uscire la visione e il desiderio e consentire alla chiarezza di intuire un'altra visione e un altro desiderio con la nuova luna che ci attende ...



10/06/13

L'amore infantile (avercelo e praticarlo!!!)

La primavera, si sa, è la stagione dell'amore. La stagione dei matrimoni. 
Ho appena partecipato ad un matrimonio, come testimone. E' la seconda volta. Visto che per me è molto difficile dire con certezza cosa penso del matrimonio preferisco testimoniare la felicità dellla mia amica piuttosto che l'unione tra due persone. 
Quando ero piccola desideravo sposarmi. 
Poi ho iniziato a pensare che il matrimonio sia un contratto e che l'amore non si possa contrattare. 
Poi mi infastidiscono quelli che si sposano in Chiesa, senza frequentarla mai, solo perché "la cerimonia è più bella". 
Poi mi chiedo come fai a giurare eterno amore a una persona che magari si rivelerà incapace di amarti. La vita è lunga, si cambia, molto spesso non insieme e non allo stesso modo. 
Poi so che mi annoio facilmente.
Poi sono diventata femminista e insomma le donne nella storia non hanno avuto un buon rapporto con il matrimonio - luogo di oppressione patriarcale.
Poi sabato scorso a Torino c'è stato il Gay Pride e mi rendo conto che ciò che io dò per scontato e posso scegliere per altre persone è negato. Che il matrimonio può essere visto come un diritto civile a molte persone negato. E allora ci pensi di più. 
Poi altri mille poi potrei aggiungere. 

Oggi ho avuto la conferma che una persona che non conosco molto bene ma che sento speciale si sposa a fine giugno e mentre ci pensavo ho trovato questo post su facebook (ah potenza della tecnologia!!!) Così lo dedico a lui e alle persone che ai miei "POI" aggiungono ... poi c'è l'amore!!! 
 
 
 
Degli psicologi hanno posto la domanda "Cosa vuol dire amore?" a bambini e bambine dai 4 agli 8 anni.


1. L’amore è quando esci a mangiare e dai un sacco di patatine fritte a qualcuno senza volere che l’altro le dia a te.
(Gianluca, 6 anni).

2. Quando nonna aveva l’artrite e non poteva mettersi più lo smalto, nonno lo faceva per lei anche se aveva l’artrite pure lui. Questo è l’amore.
(Rebecca, 8 anni).

3. L’amore è quando la ragazza si mette il profumo, il ragazzo il dopobarba, poi escono insieme per annusarsi.
(Martina, 5 anni).

4. L’amore è la prima cosa che si sente, prima che arrivi la cattiveria.
(Carlo, 5 anni).

5. L’amore è quando qualcuno ti fa del male e tu sei molto arrabbiato, ma non strilli per non farlo piangere.
(Susanna, 5 anni).

6. L’amore è quella cosa che ci fa sorridere quando siamo stanchi.
(Tommaso, 4 anni).

7. L’amore è quando mamma fa il caffè per papà e lo assaggia prima per assicurarsi che sia buono.
(Daniele, 7 anni).

8. L’amore è quando mamma dà a papà il pezzo più buono del pollo.
(Elena, 5 anni).

9. L’amore è quando il mio cane mi lecca la faccia, anche se l’ho lasciato solo tutta la giornata.
(Anna Maria, 4 anni).

10. Non bisogna mai dire “Ti amo” se non è vero. Ma se è vero bisogna dirlo tante volte. Le persone dimenticano.
(Jessica, 8 anni).
 
 

11/05/13

La piantagione è libera: il raccolto... obbligatorio

Ieri sera una mia amica parlava dei suoi problemi di vista. La vista diminuisce con l'età. Non per tutti e per tutte ma sostanzialmente accettiamo la decadenza fisica e l'intorpedimento dei sensi come segno dell'età che avanza. Le dicevo che secondo me siamo troppo portate a dimenticare il ciclo delle stagioni con cui la vita ogni anno ci ricorda che tutto ciò che è destinato a morire, rinasce.

Incredibilmente rinasce. Forse c'è qualcosa di più che possiamo fare. Le facevo questi esempi, basati sulle espressioni che di solito utilizziamo per spiegare le difficoltà con le persone "non ti posso vedere", "mi sta sullo stomaco", ... così possiamo pensare che sia un gran potere quello che ci viene dato di agire sulla nostra consapevolezza e provare ad amarci di più. A odiare di meno. A perdonare chi ci fa del male. A chiedere perdono alle persone a cui facciamo del male.

Stamattina ho trovato questo post ... che la dice lunga sulla nostra connessione con l'universo!!!

"Il raffreddore si secca quando il corpo non piange.
Il mal di gola si manifesta quando non è possibile comunicare le proprie tristezze.
Lo stomaco brucia quando i problemi non riescono ad uscire.
Il diabete ti invade quando la solitudine fa male.
Il corpo ingrassa quando l'insoddisfazione ti tartassa.
Il mal di testa ti angustia quando i dubbi aumentano.
Il cuore desiste quando il senso della vita sembra finire.
L'allergia appare quando il perfezionismo diventa intollerabile.
Le unghie si spezzano quando le difese vengono minacciate.
Il petto si comprime quando l'orgoglio ti schiavizza.
Il cuore subisce un infarto quando sopraggiunge l'ingratitudine.
La nevrosi ti paralizza quando "il bimbo dentro" diventa un tiranno.
La febbre brucia quando le difese abbattono i confini dell'immunità."


La piantagione è libera: il raccolto ... obbligatorio. Ciò che piantiamo è ciò che raccoglieremo ... prima o poi!

25/04/13

Luci e ombre

Una mia amica mi ha appena mandato questa pillola di felicità ...


"La nostra più grande paura non è quella di essere inadeguati
la nostra più grande paura è quella di essere potenti aldilà di ogni misura.
E' la nostra luce, non la nostra oscurità che più ci spaventa.
Agire da piccolo uomo [e da piccola donna] non aiuta il mondo:
non c'è nulla di illuminante nel rinchiudersi in se stessi
così che le persone intorno a noi si sentano insicure.
Noi siamo nati per rendere manifesta la gloria che c'è dentro di noi.
Non è solo in alcuni di noi, è in tutti noi.
Se noi lasciamo la nostra luce splendere
inconsciamente diamo alle altre persone il permesso di fare lo stesso.
Appena ci liberiamo della nostra paura
la nostra presenza automaticamente libera gli altri". 

23/04/13

Illusioni

Quante volte ci sentiamo eslcuse

Quante volte ci sentiamo tradite

Quante volte ci sentiamo trattate male

Quante volte pensiamo di ricevere meno di ciò che diamo

Quante volte vorremmo dire qualcosa e poi rinunciamo

Quante volte speriamo che sia l'altra persona a fare il primo passo

e mentre aspettiamo ansiosamente un segno, un gesto, una parola

e questi non arrivano ecco la rabbia, il dolore, la tristezza.

Ci chiediamo perché l'altra persona non sente la stessa esigenza.

Può essere che la senta e non ce la faccia a fare il primo passo.

Può essere che non la senta, almenon non nel mondo in cui noi vorremmo.

Poi magari le strade si dividono.

L'incanto finisce.

La fascinazione cede il passo alla delusione.

E pensiamo a cosa abbiamo vissuto.

Qual è la verità?

Ma c'è una verità?

O c'è un raccontarsi una situazione. Partire dal proprio punto di vista e da lì vedere il mondo.

Incontrare il mondo. E le altre persone.

In questi giorni di difficoltà relazioni mi è tornato in mente questo estratto dal film Istint - Istinto Primordiale


http://youtu.be/iXJSbv9TKxU



che cosa controlliamo davvero noi? Le illusioni.

che cosa ci possono togliere le altre persone? Le illusioni.

Ecco perché dopo il giusto dolore, la giusta rabbia, la giusta tristezza possiamo lasciare andare quelle persone che ci fanno

del male benedicendole per aver portato via l'illusione attraverso cui guardavamo il nostro rapporto con loro.

18/04/13

Seghe mentali

Un paio di anni fa sono stata ad un convegno di filosofia. E' stata per me l'occasione di fare esperimenti sociologici su di loro. D'altronde chi è ricercatrice, ricerca sempre. Ovunque. Non è un lavoro, è un'occupazione. Mi ricordo che ad un pranzo ho chiesto a un ragazzo che avrà avuto venticinque anni perché facesse ricerca su un filosofo misconosciuto del Quattrocento. E lui mi ha risposto: "mi piace". E io: "bene e poi?".

Il piacere è un aspetto fondamentale del fare ricerca ma ci deve essere anche un legame con il presente. Altrimenti la ricerca rimane un esercizio intellettuale sterile. In quel contesto ho compreso il concetto di sega mentale. Che senso ha arrovellarsi il cervello su delle figure, su delle parole, su dei fatti se non hanno attinenza col presente? Che senso ha fare ricerca se non c'è un'applicazione all'oggi, alla nostra vita, al miglioramento delle nostre relazioni?

Questo episodio mi è tornato alla mente durante la lettura di Mary Daly e del suo Quintessenza. A un certo punto Mary fa un attacco al postmodernismo richiamando Virginia Woolf e il problema dello "spreco di tempo / spreco di energia". I testi postmodernitsti sono frequentemente caratterizzati da un'inscrutabilità criptica che richiede un impiego di tempo e di energia non giustificabile in termini femministi. La seducente eleganza di stile e di riflessioni è dis-orientante e attira le femministe in una casa degli specchi senza vie d'uscita, in un drenaggio dell'intelligenza e nel tradimento della loro causa.

Molto più semplicemente le donne biologicamente non posso farsi prendere dalle seghe mentali, per quanto seducenti sono. Se le donne perdono il contatto con la realtà e partono in elucubrazioni mentali assumono la postura patriarcale. Succede sempre. Stamattina per esempio ho seguito i vari commenti su facebook relativi all'elezione del Presidente della Repubblica. A un certo punto mi sono detta: ma non c'erano delle candidate? Perché le mie amiche si stanno schierando per Marini o per Rodotà? Che senso ha? Sia ben chiaro, ma questo lo sapete già, a me non serve una Presidente che si comporti come la maggior parte degli uomini che l'hanno preceduta, a me serve qualcuna che abbia voglia di dare un colpo alla struttura. Nei giorni scorsi sono stati fatti nomi di donne e ora? Si risolve ancora tutto in accordi più o meno palesi tra partiti che escludono la presenza femminile. E le donne? Tutte quelle donne impegnate in politica, tutte quelle donne attive nei partiti, nei movimenti, che fanno? Si allineano? Ci sono solo due possibilità di scelta? C'è solo un pro e un contro che poi alla fine è sempre un contro noi donne?

L'attivismo femminista lavora per purificare le donne dal Coraggio di Vedere Nominare e Agire. Partiamo da qui.

16/04/13

Il principio speranza

Nei giorni scorsi a Torino si è tenuta la biennale della democrazia. Riporto dal catalogo l'ambizione di questo evento “offrire conoscenza sull'evoluzione della società e sui modi di assecondarne lo sviluppo in misura seria e democratica”.

Come ben sa chi ha letto alcuni dei miei post precedenti, non credo molto nel concetto di democrazia. Almeno di quella democrazia concepita nell'antica Grecia che mirava a escludere invece che a includere. E devo dire che in questi incontri un po' di quel retaggio è rimasto: file chilometriche, disorganizzazione eccessiva, forze dell'ordine ovunque.

Il titolo scelto per la biennale 2013 è stato “Utopico. Possibile?” – sempre riporto dal catalogo – “che è emblematico e sintetizza alla perfezione il respiro di speranza con cui ci si interroga sugli orizzonti ideali e sulle sfide che ci attendono in questo passaggio affannoso della modernità”.

Domenica pomeriggio c'è stato un incontro su Ernst Bloch e sul suo libro “Il principio speranza” a cura di Enrico Donaggio. Devo dire che nel complesso mi è piaciuto molto. Bloch scrive questo tomo di duemila pagine in cui descrive le persone come animali utopici: non possiamo non sperare! Ogni nostro gesto viene letto da Bloch come prova generale della felicità, regalandoci una concezione di utopia attiva e performativa. Il problema secondo Bloch è che troppo spesso ci accontentiamo! E che la nostra accontentabilità nel tempo diventa sempre più scandalosa. Il nostro desiderio, che è alla base dei nostri atti e quindi della nostra felicità, si accontenta di troppo poco! Nel nostro mondo di oggi, ogni nostro rapporto con le cose traduce un'eccedenza utopica, cioè “io vorrei qualcosa di più ma mi accontento di comprare un oggetto, nell'acquisto di un oggetto riverso parte della mia energia desiderante”. Il professore conclude con una domanda ardimentosa “Con questa energia dove potremmo andare?”

Uno degli aspetti che mi ha colpito di più nella relazione è stata la mancanza completa di riferimenti di filosofe. Nessuna donna è stata citata come pensatrice. Solo qualche riferimento sessista all'utopia come “dea gelosa” - siamo sempre qui. E allora come non pensare che se nel panorama dei filosofi e dei professori di filosofia entrasse *anche* il pensiero delle donne l'utopico diventerebbe davvero possibile. Non sto dicendo che le filosofe sono ottimiste per natura, ma che in alcuni libri di filosofe possiamo trovare quel pensiero nuovo che diventa guadagno per tutti e per tutte. Significa nominare il mondo al femminile, conquistare per le donne una voce e un pensiero autonomi da quelli maschili per dar vita a una propria immagine del mondo. Non è sempre facile: secoli e secoli di educazione al silenzio fanno sì che difficilmente ancora oggi nelle donne si radichi quell'autorevolezza all'espressione partendo da sé. Fortunatamente ci sono donne che hanno detto prima di noi e ci aiutano nel dire a nostra volta. Riporto anche in questo post qualche riga dal favoloso libro di Mary Daly, Quintessenza:

Il nostro Dolore non è passivo. Non sciupiamo il nostro tempo a deprimerci. Il Dolore si unisce alla Rabbia. Il nostro Lamento diventa invettiva. Sapendo che il Suono é una forza Potente, Suoniamo Forte il nostro Nominare. Nominiamo. Accusiamo. Non ci accontentiamo di sederci in un ritiro in un ashram intonando l'OM. Preferiamo Vagare intonando l'OM. Vagare per le Galassie, specialmente nella Quinta, Ri-Vendicando la nostra Casa. Parlare significa Parlare nell'Essere in Divenire. Con le parole Concreiamo Nuovi Vortici di Forza. Nominando ciò che sappiamo, generiamo Nuova Coscienza Elementale.

11/04/13

Segnali ovvero W il senso unico !!

Stamattina una mia amica mi ha raccontato di una sua (dis)avventura relazionale.
Di come pensava che da una relazione potesse nascere qualcosa di diverso e di come invece l'altra persona sia poi scappata - lei dice - davanti a un'ambiguità dissolta.

Mentre mi raccontava degli incontri con l'altra persona mi chiedevo cosa ci spinge a pensare che una persona possa provare interesse nei nostri confronti.

Cosa rende una carezza, un bacio sulla guancia, un tocco, diverso?
Cosa ci fa credere che una persona provi interesse per noi?
Perché il valore che diamo a determinati gesti cambia in base a chi li fa. I gesti non sono mai oggettivi, ma assumono un piacere diverso se li riceviamo da determinate persone.

Dopo il piacere del gesto, del desiderio, delle aspettative, la mia amica si è scontrata con la dura realtà. L'altra persona si è ritirata, nascosta, sottratta al rapporto. Facile dire che fosse disturbata mentalmente [i problemi più o meno li abbiamo tutte] più difficile superare il rifiuto. 
Partono quindi mille domande: perché ha fatto quel gesto? perché mi ha detto quella parola? era consapevole? c'è un significato nascosto in uno sguardo di sfuggita, un tocco, un sorriso appena accennato? Che senso ha fare quelle battute? c'è un messaggio che dovevo cogliere? un messaggio da decifrare? una risposta da dare? E via con mille paranoie.

Perché nei film, nei libri, nelle soap opera ci sono sempre i silenzi, i sospiri che ci fanno credere che ci sia dell'altro rispetto a ciò che udiamo, vediamo, tocchiamo. E allora ci aspettiamo anche noi un happy ending, un capovolgimento della situazione a nostro favore. Perché se noi sentiamo così forte ciò che c'è con l'altra persona, come può lei rimanere insensibile, sorda, cieca al richiamo dell'amore? Come può farsi annientare dalla paura, dal timore di un rifiuto, dalle difficoltà che potremo incontrare? Come può sottrarsi, tacersi, trattarci con indifferenza o addirittura male?

La mia amica essendo poeta ha sublimato questa esperienza scrivendo alcune poesie contenute nel suo ultimo libro. E alla presentazione io ero seduta vicino alla persona a cui erano dedicate - oggi lo so. Che sensazione può dare essere le destinatarie di parole così profonde?

Giudicate voi ...



M'impongo un assedio lento, discreto.
Trattengo le parole.
Non varco mezzo metro sul divano.

E' febbre il desiderio di lontano.   



Bollettino della sera 

Incredula d'aver già meritato
sì acerbo castigo
ascrivo il tuo silenzio a un viaggio
senza telefonino.

(Ho riletto di Orlando
quando, prima di smarrire il senno, 
che certo Angelica di sé dicesse
col nome di Medoro
finché poté si finse).




Eziologia del fallimento del primo appuntamento

E dire che il tappo era perfetto,
morbido e caldo l'elisir ambrato,
non scelte a caso le paste di meliga
- antiche varietà
di mais in etichetta -
e le ceramiche monregalesi
bianche e blu, comme il faut, dipinte a mano.

Riconosco, però,
ho omesso di scoparti sul divano.

07/04/13

Solitudine e diabete

Qualche settimana fa una mia amica ha ritirato gli esami del diabete.
Glicemia alle stelle.
Visto che siamo ricercatrici abbiamo bisogno di scendere nelle cause profonde del problema. Ne parliamo. Una delle cause potrebbe essere la solitudine.
Oggi dove siamo tutti e tutte interconessi, dove ci basta fare un clic per parlare con l'altra parte del mondo, ci si può sentire soli e sole?

Non voglio fare la retorica di chi dice che è più facile parlare con le interfacce informatiche piuttosto che guardare i bisogni di chi è vicino a noi.  Ogni persona ha le sue motivazioni e la possibilità di fare scelte diverse di comportamento e di azione. Sempre.

Trascrivo invece alcune frasi che ho letto ieri sera nel libro Quintessenza di Mary Daly

"Le Donne Audaci che entrano nel drastico movimento della Diaspora Metamorfica sono Vegliarde che hanno girovagato e Spiraleggiato lungo sentieri Importanti.
Le Vegliarde non hanno paura di essere Sole. Amiamo la solitudine in cui possiamo Girare Vorticosamente. L' "Isolamento" può Ora essere visto come una protezione dal mondo delle chiacchiere inutili e del compromesso - delle infinite bugie - che ci impedivano di Ascoltare.
Nella nostra Solitudine, le Tessitrici Vorticanti d'Infuriano insieme. Ascoltandosi in ciò che Diciamo, gridiamo Nuove Forme di Pensiero, emettiamo Nuove Tempeste di Parole. Parole Magiche / Sapienti scorrono sfondando gli ostacoli che sono stati costruiti per tenerci divise. Non più sottomesse dal sistema cui non siamo mai appartenute, noi Donne Selvagge borbottiamo, ci lamentiamo, schiamazziamo, ringhiamo. Come Furie, separiamo il nostro Essere dallo stato di separazione, soffiamo Fuoco e voliamo nella Libertà".

Chissà se leggere ogni giorno queste righe possa essere un atto psicomagico che fa scendere il valore della solitudine e di conseguenza quello della glicemia ... 

03/04/13

Malattie e guarigione







In molte società sciamaniche

se andate da un uomo o da una donna medicina

lamentando di essere scoraggiati

abbattuti o depressi

vi chiederebbero di rispondere

a una di queste quattro domande:



quando hai smesso di ballare?

quando hai smesso di cantare?

quando hai smesso di essere incantato/a dai racconti?

quando hai smesso di trovare conforto nel dolce territorio del silenzio?


[Gabrielle Roth]

Parole parole parole ...


Ci sono alcune parole che andrebbero cancellate dal vocabolario delle relazioni personali.

Mai e sempre sono due termini che dovrebbero scomparire all'istante.

Quante volte abbiamo detto a una persona "non voglio vederti mai più".

Quante volte abbiamo detto "non cambierò mai idea su di te".

Quante volte abbiamo ripetuto che il nostro rapporto sarebbe durato "per sempre".

Quante volte abbiamo sperato che quella persona ci fosse sempre per noi.

Il mai e il sempre non tengono conto della vita. Delle sue morti e delle sue rinascite. Sono come anti-biotici. Contro la vita. Che è cambiamento. Sempre e comunque. Anche quando vogliamo che le situazioni, i rapporti, rimangano costanti.

Ma le relazioni mutano, perché mutano le persone. Non è detto che mutino sempre nella direzione da noi sperata. Anche se sono profondamente convinta che l'universo trami sempre a nostro favore. A volte è difficile accettare che un rapporto che prima ci dava tanta gioia ora sia fonte di sofferenza. E' difficile accettare che le persone ci abbandonino, che non si accorgano del riguardo e della grazia che mostriamo nei loro confronti. Può durare un momento, qualcosa in più, o addirittura diventare una scelta definitiva.

Accetteremo più facilmente le screpolature sentimentali, per usare un'espressione che ho letto qualche tempo, se ricordiamo che "... l'amore nella sua forma più piena è un susseguirsi di morti e rinascite. Muore la passione e rinasce. Il dolore viene scacciato e rispunta da un'altra parte. Amare significa abbracciare e nel contempo sopportare molte molte fini, e molti molti inizi, il tutto nella stessa relazione". (Clarissa Pinkola Estés, Donne che corrono coi lupi)

30/03/13

Le donne non sono sagge, le donne sono selvagge

Che giorni concitati questi per l'Italia !!!

Governo sì, governo no ... catastrofi all'orizzonte ... dubbi, incertezze, paure ...

Poi oggi all'ora di Napolitano se ne esce con la trovata dei saggi. Verso sera l'elenco. Non metto l'elenco dei nomi per rispetto a chi legge.

Caspiterina non ci sono donne!!! Ma come è possibile? Ora che le donne sono entrate in massa in Parlamento, ora che alla Presidenza della Camera c'è una gran donna, ora che entreranno donne nei consigli di amministrazione, ora che si pensa ad una Presidente della Repubblica Italiana ... Napolitano ci sorprende con un elenco tutto al maschile ...

Ma veramente è una sorpresa? Ma veramente ci teniamo a entrare in un sistema marcio?

Così ho pensato di riportare - visto che un paio di giorni fa è stato l'anniversario della morte - alcune frasi di Virginia Woolf da uno dei suoi libri più famosi, Le tre ghinee.

Negli anni Trenta, Virginia era pienamente consapevole che le donne stavano arrivando a un momento della storia in cui sarebbero riuscite a confluire nei cortei delle professioni. E scrive:

"Questo infatti dobbiamo domandarci senza indugi: abbiamo voglia di unirci a quel corteo, oppure no? A quali condizioni ci uniremo a esso? E, soprattutto, dove ci conduce il corteo degli uomini colti?"

Sapeva che l'esito non sarebbe stato inequivocabilmente buono.

"Dinnanzi a noi si apre il mondo della vita pubblica, con la sua ossessività, la sua invidia, la sua aggressività, la sua avidità".

Ecco, facciamoci queste domande. E sarà più semplice sopportare questa esclusione, anzi vederla come un motivo di orgoglio e come la possibilità di creare un mondo diverso, un mondo in cui si possa vivere con agio e in cui le relazioni siano libere e vere.

Queste sono scene meravigliose tratte dal film The Hours in cui viene narrato anche il suicidio di Virginia Woolf.



08/03/13

Resistenza [il coraggio una se lo può dare]

 

Nei giorni attorno all'8 marzo c'è un'enorme quantità di eventi sulle donne - quest'anno purtroppo si tende a parlare troppo [e male] di donna come vittima. Ho timore che si arriverà a pensare che se non muori allora non è violenza.  
Come ricercatrice che si occupa della storia delle donne oggi è toccato anche a me intervenire in un convegno. Ho deciso di condividere con voi la citazione finale, tratta da un articolo di Angiola Massucco Costa del 1960 "Il coraggio, uno se lo può dare". 

In questo articolo la Resistenza viene vista come fatto costante della storia, finché non si arrivi a un assetto giusto dei rapporti, dell'uso delle ricchezze e delle forze naturali, delle possibilità di fruire dei beni culturali. La resistenza si trova nell'opposizione alle ingiustizie operando per la libertà e il benessere di ogni persona. Massucco Costa scrive “i grandi fatti storici devono mutare nella coscienza nelle attitudini di pensiero e di azione prima di esplodere più o meno violente nei moti popolari. La storia è sempre in movimento e i cuori e le menti con essa. Nessuno ha il diritto di tenersi in disparte e dire: lasciamo fare a chi spetta. Spetta proprio a noi fare, e fare anche noi stessi, darci coraggio, ardore, pazienza, costanza.
Ma a fare cosa?
E come?
Bisogna cominciare col guardarsi attorno e domandarsi: va tutto bene?
Siamo rispettosi della personalità altrui e della nostra?
Siamo impegnati in un lavoro produttivo e siamo disposti a lottare perché esso ci sia dato se non ne disponiamo?
Ci interessiamo della cosa pubblica, siamo veramente cittadini di una repubblica fondata sul lavoro?
Siamo disposti a lottare contro la disoccupazione, le discriminazioni religiose, razziali, di sesso?
Siamo informati delle vie da seguire quando vogliamo elevare una protesta pubblica o presentare suggerimenti per modificare le leggi?
Ci muoviamo in qualche modo per opporci alle ingiustizie sociali?
Controlliamo che le libertà sociali, civili, politiche siano rispettate?”

Come avrete capito questo è anche un commento ai commenti dei risultati elettorali. Iniziamo da noi, sempre. Non deleghiamo mai la nostra felicità. 

24/02/13

Vogliamo il pane ma anche le rose


 

"Come i corpi, anche le anime

possono morire di fame, 

per questo vogliamo il pane,

ma vogliamo anche le rose",

Operaie tessili - Massachussetts - Usa - 1912

 
 



Non si dovrebbe mai dimenticare, 

se solo fosse possibile,

che in realtà capita di tutto,

anche il meglio del meglio.

[Via Dogana n.83, Luisa Muraro] 




Quanto ne siamo veramente consapevoli nelle nostre azioni, nei nostri pensieri, nei nostri desideri?
Quanto desideriamo qualcosa di più rispetto al "minimo sindacale"?
Quanto forti sono i nostri desideri?
Quanto riusciamo a ragionare al contrario, fare scommesse, provare a cambiare ciò che non ci piace nella nostra vita? 

Sono domande da farsi ... ogni tanto ...  

17/02/13

63 anni di Nakba - ovvero si può vivere così?

Sono stanca del Muro.

Sono stanca dei checkpoint che separano le città della Palestina.

Sono stanca dei coloni e degli insediamenti illegali israeliani.

Sono stanca di vedere scritte in lingua ebraica sul mio documento.

Sono stanca del fatto che le persono non conoscono niente della nostra storia; mentre sanno così tanto della storia ebraica.

Sono stanca delle persone che ignorano il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, mentre accettano la "legge del ritorno" per gli ebrei.

Sono stanca dell'Accordo di Oslo, ce nessuno qui desiderava.

Sono stanca del fatto che l'Autorità Palestinese non abbia nessuna autorità.

Sono stanca di vedere mio padre umiliato ai check point, da persone della mia stessa età o anche più giovani.

Sono stanca del fatto che i miei amici internazionali debbano mentire quando vengono a farmi visita; che debbano essere interrogati e perquisiti, e a volte deportati.

Sono stanca delle persone che non capiscono che cosa significhi OCCUPAZIONE.

Sono stanca di avere paura.

Sono stanca della "sindrome da stress post-traumatico", divenuta uno status normale per coloro che vivono in Palestina.

Sono stanca della legislazione umanitaria internazionale che non vale per lo stato di Israele.

Sono stanca di come venga sempre etichettato come "antisemita" chi lorra per i diritti dei Palestinesi, o di chi critica la politica di Israele.

Sono stanca del fatto che nessuno ricordi che io anche io sono una semita.

Sono stanca di sentire gli Israeliani lamentarsi per la discriminazione, quando lo stato di Israele è fondato su un principio di purezza etnica.

Sono stanca di vivere in un tempo in cui la discriminazione razziale viene accettata.

Sono stanca di essere costantemente trattata come un sospetto, di come i media mainstream parlino di noi e della nostra condizione.

Sono stanca del fatto che il mondo intero si preoccupi per Gilad Shalit, quando ci sono oltre settemila palestinesi dentro le prigioni israeliane.

Sono stanca di dover difendere me, i miei amici, i contadini della mia tessa e di venire per questo etichettata come terrorista.

Sono stanca del fatto che ovunque io vada vedo il Muro, un insediamento o soldati israeliani.

Sono stanca di 63 anni di occupazione israeliana.

[Aprile 2011 - traduzione dall'arabo - anonima]



 Potremmo noi mai vivere in questo modo?


Cosa faremmo se fossimo costrette a una vita che giorno dopo giorno procede in questo modo?