10/12/13

Beni Comuni (a proposito di alberi, città e ribellioni)

L'altro giorno ho letto su internet questa lettera scritta da Piera Colonna, cittadina torinese.



Al Sindaco di Torino Dr. Piero Fassino.

Egregio Signor Sindaco,
premesso che abito in Borgo San Paolo da quarantacinque anni, che ho portato mio figlio a giocare nel Giardino Artiglieri di Montagna da quando è stato aperto al pubblico nel 1973, che ho seguito il processo a Renato Curcio celebrato nelle sale della vecchia caserma, che ho frequentato la biblioteca istituita nelle stesse sale dopo il processo, che ho portato i miei cani nell’area apposita da quando è stata creata, che ho visto piantare al posto di alte acacie delle piccole querce che poi sono diventate grandi, che ho visto fare e disfare zolle erbose e subito dopo con un po’ di malumore recintare una parte del giardino ed abbattere alberi secola ri per fare un campo di calcio, che con molto disappunto ho visto abbattere dopo pochi anni questa struttura per erigerne un’altra molto più vasta e devastante e costosa, che ho visto centinaia di ragazzini correre su prati di plastica, che quando nevica vedo montagne di detriti di questa plastica gettati insieme alla neve spalata dai prati di plastica sui residui prati veri, che ho visto sorgere e demolire le baracche per gli operai e tecnici che costruivano la metropolitana, e infine che al loro posto quest’anno con un poì di sollievo ho visto mettere a dimora piantine nuove e giochi per bambini, premesso tutto questo, dicevo, ho trovato sul sito del Comune di Torino questa pagina http://www.comune.torino.it/comune vende, che dice che il giorno 30 dicembre prossimo l’area sarà venduta con asta pubblica.
Vorrei ricordarLe che le aree verdi appartengono a tutti i cittadini e sono inalienabili in quanto necessarie per il bene comune, lo stesso bene comune per il quale ha combattuto Suo Padre ed è morto Suo Nonno. Vorrei ricordarLe che un albero di cento anni è un monumento alla Vita e che è ridicolo pensare di sostituirlo con un alberello da vivaio e che il “verde su soletta” non ne è che un pallido simulacro.
Vorrei ricordarLe che in un luogo dove molte generazioni di persone hanno vissuto e sofferto esiste un “genius loci” che non può essere calpestato per un pugno di soldi. Vorrei ricordarLe che una buona Amministrazione programma le spese in modo avve duto e che il fare e disfare costa molti sacrifici alla comunità.
Da ultimo comunico che, per salvare tutti quegli alberi che si vedono nella foto, sono disposta a fare lo sciopero della fame oppure a installarmici sopra, come fanno gli operai sulle gru, e a resistere ad oltranza fino a quando non saranno graziati.

Con stima
Piera Colonna



Togliendo il "con stima" che proprio non sopporto più questo rivolgersi con metodi politicamente corretti a dei corrotti e aggiungendo la genealogia femminile, ossia la madre e la nonna di Fassino che avranno combattuto alla stregua del padre e del nonno per i beni comuni, voglio aggiungere una citazione presa da un verbale del consiglio comunale di Torino. Questo per spiegare a Fassino e non solo cosa è veramente la politica e la tutela del benessere degli abitanti di una città. 

Una delle conseguenze positive del fare ricerca storica è quella di trovare affinità e differenze e portarle a conoscenza delle persone che ci leggono in modo da contribuire alla loro presa di coscienza e aiutarli a decostruire e ricostruire il concetto di bene comune e di benessere plasmato da decenni di capitalismo e mentalità individualista spietata. 
L'intervento risale al 1974 ed ha per oggetto il concetto di casa come diritto inalienabile. E la pianificazione urbanistica della città ne è uan conseguenza diretta:
“Quartieri cittadini come la Falchera e, per altro verso le Vallette, insediamenti come quelli di corso Grosseto, chiamato la muraglia cinese, sono esempi di una tipologia urbanistica che ha le più gravi ripercussioni sui processi di socializzazione e di acculturamento dei residenti, oltre a recare loro gravi disagi e danni nelle ore di avvio al lavoro e nel successivo periodo di cosiddetto tempo libero, gravemente decurtato e deteriorato dalla fatica di percorsi talvolta assai lunghi e scomodi per portarsi alla fabbrica e alla casa. L'isolamento di questi cittadini è uno strumento che tende alla loro depoliticizzazione, legandoli a esigenze elementari, ed estraniandoli da informazioni, contatti, possibilità di partecipazione a iniziative pubbliche di più largo raggio che non siano quelle strettamente locali e familiari. […] Resta reale il fato che la periferia isola i cittadini in misura direttamente proporzionale alla carenza di infrastrutture e di comodità esistenti distribuendo diversamente le opportunità di esistenza, creando squilibri e tensioni, conservando nella metropoli modi e stili di vita arretrati, depauperati di beni culturali, e tali da eludere, con la falsa apparenza di un bisogno non immediato di intervento, le azioni riparative. […] Non è meraviglia che le sfavorevoli condizioni ambientali, l'assenza di adeguate infrastrutture, la mancanza di servizi, favorisca l'analfabetismo in aumento oggi a Torino e tendenze asociali. Ma anche là dove non si hanno manifestazioni così gravi di regresso di vita civile, la vita dei quartieri è difficile, mancando luoghi d'incontro, biblioteche, centri sociali, canali di comunicazione; sicché persino dove c'è fervore di incontri e di iniziative si stenta a trovare una connessione con i problemi dell'intera collettività e si cade talora nel corporativismo”. 

L'alienazione fisica diventa alienazione psicologica e sociale.

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