05/11/13

Fate l'amore non fate la guerra

Ieri era la giornata delle Forze Armate.
Ha fatto molto scalpore la presa di posizione del sindaco di Messina, Renato Accorinti, il cui discorso è stato un inno alla pace. Nelle sue parole Renato ha citato il Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini "Svuotate gli arsenali fonti di morte e riempite i granai fonti di vita!" e l'articolo 11 della Costituzione Italiana dove si legge "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali [...]". 

Da ieri è un susseguirsi di commenti a favore e contro il gesto. 
Chi dice che non era il luogo adatto anche se condivide.
Chi disapprova.
Chi applaude al gesto e al coraggio. 
Chi è indignato per il sangue dei tanti uomini e delle tante donne versato per la "nostra" difesa. 

Il Ministro per la Pubblica Amministrazione e Semplificazione Gianpiero D'Alia commenta il gesto del sindaco come "provocazione demenziale e inopportuna". 

 Ma come si può condividere questa affermazione? Veramente inneggiare alla pace può essere una provocazione demenziale e inopportuna? 

Probabilmente sì se lo si fa durante la celebrazione delle Forze Armate. Probabilmente sì se lo si fa durante una cerimonia ufficiale. Se si osa contestare l'ordine costituito. E se lo si fa da dentro quest'ordine. 

Poi c'è la denigrazione del gesto. Oltre all'offesa. Pare che il sindaco si sia scordato nel suo gesto di tutti quei militari che muoiono nelle missioni di pace! E' un ingrato. 


Ma io mi chiedo: come è possibile attuare questa inversione di pensiero? Come è possibile che la locuzione "missioni di pace" renda onorabile l'intervento armato in luoghi dotati di sovranità riconosciuta dallo Stato Italiano? Perché i militari doneranno caramelle, aiuteranno i feriti e faranno sorrisi alla popolazione ma lo fanno sempre armati fino ai denti, con le tute mimetiche e il mitra sotto il braccio! 

Fino a quando si esalterà paura e violenza la maggior parte delle persone richiederà la protezione delle Forze Armate. C'è bisogno quindi di riequilibrare l'immaginario che ci circonda. Io lo faccio con il libro di una mia amica, Anna Bravo, che si intitola La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato.

Riporto un piccolo riassunto del contenuto.
È un’idea malsana che quando c’è guerra c’è storia, quando c’è pace no.
Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato.
Si parla e si scrive molto di guerre, di eccidi e di violenze. È il racconto del sangue versato. Ma non saremmo qui se qualcuno non avesse lavorato per risparmiare il sangue. Le storie raccontate nel libro mostrano due verità. La prima: il sangue può essere risparmiato anche da chi non ha potere, o ha un potere minimo. La seconda: se è importante raccontare una guerra, ancora più importante è descrivere come un conflitto non è deflagrato. Per capire come si può fare, e con che mezzi.

Questo è un modo diverso di fare la storia. E di raccontarla.
   

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