21/03/12

Qual è la riforma del lavoro che veramente vogliamo? (omaggio a Simone Weil)

In questi giorni telegiornali e quotidiani ci riempiono di un'ansia che culminerà con il tanto atteso (?!) accordo sulla riforma del mercato del lavoro. Atteso da chi? sarebbe la prima domanda ... a cui facilmente si può rispondere atteso da tutte le parti in gioco (politica, sindacati, lavoratori, lavoratrici, aspiranti lavoratori e aspiranti lavoratrici). Anche dall'estero - ci dicono - guardano con attenzione ciò che accade in Italia... Più che sull'attesa, che dò per scontata, vorrei concentrare l'attenzione sul tipo di relazione che si crea tra le varie parti in gioco. Ci sarà uno scontro basato sui rapporti di forza o si penserà veramente al benessere delle persone?

Qualche tempo fa ho letto il libro di Simone Weil, La prima radice. Alcune considerazioni relative allo sradicamento operaio sono una lente di ingrandimento rispetto a ciò che succede oggi.

Il radicamento è forse il bisogno più importante e più misconosciuto dell'anima umana. E' tra i più difficili da definire. Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale all'esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro, l'essere umano ha una radice. Partecipazione naturale, cioè imposta automaticamente dal luogo, dalla nascita, dalla professione, dall'ambiente. A ogni essere umano occorrone radici multiple. Ha bisogno di ricevere quasti tutta la sua vita morale, intellettuale, spirituale tramite gli ambienti cui appartiene naturalmente.

La condizione del salariato - completamente e perpetuamente legata al denaro - costringe ad essere sempre tesi mentalmente alla busta paga operando uno sradicamento morale delle persone. I salariati sono esiliati e poi riammessi di nuovo, quasi per tolleranza, come carne da lavoro. La disoccupazione è uno sradicamento alla seconda potenza perché le persone non si sentono in casa propria né in fabbrica, né nelle loro abitazioni, né nei partiti e sindacati che si dicono fatti per loro, né nei luoghi di divertimento, né nella cultura intellettuale.


Lo sradicamento è di gran lunga la più pericolosa malattia delle società umane, perché si moltiplica da sola. Le persone realmente sradicate non hanno che due comportamenti possibili: o cadere in un'inerzia dell'anima quasi pari alla morte o gettarsi in un'attività che tende sempre a sradicare, spesso con metodi violentissimi, coloro che non lo sono ancora o che lo sono solo in parte.

Che cosa giova agli operai ottenere con le loro lotte un aumento dei salari ed una disciplina meno dura se contemporaneamente in qualche ufficio, gli ingegneri, senza alcuna intenzione malvagia, inventano macchine destinate ad esaurirli corpo ed anima o ad aggravare le difficoltà economiche? Che cosa servirebbe loro la nazionalizzazione parziale o totale dell'economia, se lo spirito di quegli studi non mutasse? Finora i tecnici non hanno mai avuto altra finalità oltre quella delle esigenze produttive. Se cominciassero ad avere sempre presenti allo spirito i bisogni degli operai, tutta la tecnica produttiva dovrebbe a poco a poco essere trasformata.

Chi cerca di compiere dei progressi tecnici dovrebbe avere continuamente fissa nel pensiero la certezza che, fra tutte le carenze che ci sono nella produzione, lo sradicamento operaio è quella più diffusa. La materia esce nobilitata dalla fabbrica, gli operai ne escono avviliti. Si può porre rimedio a questa situazione? Questo pensiero dovrebbe far parte del sentimento del dovere professionale e di quell'onore professionale che chiunque abbia compiti di responsabilità in un paese e in un'industria dovrebbe possedere.


Uno dei doveri essenziali dei sindacati operai, se ne fossero capaci, sarebbe quello di far penetrare un'idea simile nella coscienza universale. Se la maggior parte dei lavoratori e delle lavoratrici diventasse pressapoco felice, non pochi problemi apparentemente essenziali e angosciosi sarebbero non solo risolti, ma aboliti. L'infelicità è un brodo di coltura per falsi problemi. Fa nascere ossessioni. Il mezzo per placarle non è di dare quel che esse pretendono, bensì di far sparire l'infelicità.

Ora io mi chiedo: perché pensieri come quelli di Simone Weil non sono alla base dei nostri ragionamenti sulla società? Perché rimane confinata tra poche persone - soprattutto donne - e non viene citata, ripresa, adattata all'oggi? Che almeno questo post le possa fare da cassa di risonanza, piccolo contrappeso alla stazza degli altri filosofi che infestano la politica e le relazioni tra le persone.

Giornata mondiale della Poesia

Oggi leggo che è la giornata mondiale della poesia - ormai ci sono giornate mondiale per tutto... tra poco ci saranno accavallamenti di feste o un allungamento del calendario per dare spazio ad ogni iniziativa !!! tuttavia la poesia ci abita e ci racconta quindi mi fa piacere condividere qualche testo. Per non sovraffollare anch'io la giornata ho scelto di condividere due testi che mi piacciono molto...


Una donna (Giorgio Gaber)

Una donna fasciata in un abito elegante
una donna che custodisce il bello
una donna felice di essere serpente
una donna infelice di essere questo e quello.

Una donna che a dispetto degli uomini
diffida di quelle cose bianche
che sono le stelle e le lune
una donna cui non piace la fedeltà del cane.

Una donna nuova, appena nata
antica e dignitosa come una regina
una donna sicura e temuta
una donna volgare come una padrona.

Una donna così sospirata
una donna che nasconde tutto
nel suo incomprensibile interno
e che invece è uno spirito chiaro come il giorno.

Una donna, una donna, una donna.

Una donna talmente normale
che rischia di sembrare originale
uno strano animale, debole e forte
in armonia con tutto anche con la morte.

Una donna così generosa
una donna che sa accendere il fuoco
che sa fare l’amore
e che vuole un uomo concreto come un sognatore.

Una donna, una donna, una donna.

Una donna che resiste tenace
una donna diversa e sempre uguale
una donna eterna che crede nella specie
una donna che si ostina ad essere immortale.

Una donna che non conosce
quella stupida emozione
più o meno vanitosa
una donna che nei salotti non fa la spiritosa.

E se questo bisogno maledetto
lasciasse in pace i suoi desideri
e se non le facessero più effetto
i finti amori dei corteggiatori
allora ci sarebbero gli uomini
e un mondo di donne talmente belle
da non avere bisogno
di affezionarsi alla menzogna del nostro sogno.

Una donna, una donna, una donna.
Una donna, una donna, una donna.


L'altro testo è di una poeta che ho scoperto da poco, sconosciuta quasi in Italia ma citata da Gioconda Belli nel suo ultimo libro Il paese delle donne. Si chiama Ana Maria Rodas e negli Settanta ha scritto la raccolta Poesia della sinistra erotica 


Per una donna questo non va bene (Ana Maria Rodas)



Te, ti terrorizza
parlare di queste cose.
Le senti, certo, ma ti rodono solo dentro.
Perché come dire “io desidero”?
-noi donne non desideriamo
ci limitiamo a fare figli-
Come puoi chiedere al tuo sposo
che ti lecchi e ti monti
-questo non l’hai imparato a scuola-
E quando lui raggiunge il suo orgasmo egoista
non puoi gridargli
non sono venuta.
Né puoi masturbarti
o trovarti un amante.
Per una donna questo non va bene.
 

20/03/12

Democrazia III ovvero quanto ci possono insegnare le culture indigene

Dopo aver parlato degli Stati Uniti e dell'Italia voglio condividere alcuni articoli della costituzione boliviana che danno l'idea di come un paese possa riconoscere nelle proprie differenze una fonte di meravigliosa ricchezza e di potenziale espressivo che difficilmente esiste in quelle che nel nostro immaginario sono le democrazie vere e proprie ...

http://www.asud.net/file/COSTITUZIONE_BOLIVIA_2008.pdf


il preambolo riconosce che lo stato politico si inscrive in quello fisico e nella storia delle persone "In tempi immemorabili si innalzarono montagne, si formarono fiumi e laghi. La nostra Amazzonia, il chaco, l'altipiano e le nostre pianure e valli si coprirono di verde e di fiori. Abbiamo popolato questa sacra Madre Terra con volti differenti, comprendendo la pluralità delle cose e la nostra diversità in quanto esseri umani e culture. In questo modo si sono formati i nostri popoli, e mai abbiamo compreso il razzismo che abbiamo sofferto sin dai tempi luttuosi della colonizzazione né mai lo comprenderemo".


TITOLO I
BASI FONDAMENTALI DELLO STATO

Articolo 2 Data l’esistenza precoloniale delle nazioni e popoli indigeni contadini originari, e il loro dominio ancestrale sul proprio territorio, si garantisce la loro autodeterminazione nella cornice dell’unità dello Stato, che consiste nel loro diritto all’autonomia, all’autogoverno, alla cultura, al riconoscimento delle loro istituzioni
e al consolidamento delle loro entità territoriali, in accordo con questa Costituzione e con la legge.

Articolo 3 La nazione boliviana è costituita dalla totalità delle boliviane e dei boliviani, dalle nazioni e popoli indigeni originari, contadini e dalle comunità interculturali e afroboliviane, che congiuntamente costituiscono il popolo boliviano.

Articolo 8 I. Lo Stato assume e promuove come principi etici e morali della società plurale: ama qhilla, ama llulla, ama suwa (non essere pigro, non essere bugiardo, non essere ladro), suma qamaña (vivere bene),
ñandereko (vita armoniosa), teko kavi (buona vita), ivi maraei (terra senza male) e qhapaj ñan (cammino o vita nobile).

II. lo Stato si regge sui valori di unità, uguaglianza, inclusione, dignità, libertà, solidarietà, reciprocità, rispetto,
complementarietà, armonia, trasparenza, equilibrio, uguaglianza di opportunità, equità sociale e di genere nella partecipazione; benessere comune, responsabilità, giustizia sociale, distribuzione e redistribuzione dei
prodotti e dei beni sociali per vivere bene.


Democrazia II ovvero il potere è mio e me lo gestisco io


Domenica sera a Torino c'è stato un concerto al Teatro Regio per chiudere i festeggiamenti dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Il concerto doveva essere pubblico e gratuito e invece si è rivelata l'ennesima blindatura della città e dei potenti (?!?!) con un cordone di polizia e carabinieri ad assicurare l'ordine pubblico. Ora mi chiedo come sia possibile pensare che ogni persona sia potenzialmente intenzionata a fare del male e come sia possibile che queste persone che eseguono gli ordini lo facciano senza mettere in gioco la propria soggettività. Forte del convegno "Culture indigene di pace" a cui ho partecipato, mi sono messa a parlare per una mezz'oretta con alcuni poliziotti e ho scoperto che: il loro unico problema è percepire uno stipendio e rispettare gli ordini che ricevono (se devono attaccare attaccano senza pensare che ci sia una persona davanti a loro che ha il diritto di passeggiare per la propria città tanto quanto chi partecipa al convegno).

Poi ieri appare su facebook questa foto che mostra Luciana Litizzetto ... che tristezza! che tristezza vedere una persona che in televisione sostiene il movimento No Tav e un'idea di democrazia partecipata che partecipa a questo concerto aderendo quindi alle modalità con cui è stato realizzato. Si sa che il sistema richiede per essere portato avanti anche qualcuno che vada contro, ma non troppo, che crei consenso altro ma che nello stesso tempo aderisca a quel sistema perché senza quel sistema non sarebbe così ricco o ricca. Un sistema che prevede prima dell'arricchimento personale un benessere per ogni persona e per ogni cosa richiede uno sforzo che poche persone nella nostra società sono in grado di fare ... perché significherebbe in primo luogo rinunciare ai propri privilegi!


Democrazia ovvero ogni persona è potenzialmente una terrorista fino a prova contraria

Tra qualche giorno partirò per un viaggio in Sudamerica ... Bolivia e Brasile mete sicure nel mezzo chissà... Il volo di andata fa scalo a Miami e lungi dal Welcome to Miami cantato da Will Smith ho dovuto compilare una dichiarazione per poter sostare negli USA - anche se solo per aspettare la coincidenza che mi portasse a La Paz ... posto alcune delle domande a cui ho dovuto rispondere perché quella che viene considerata un modello di democrazia in tutto il mondo (esportabile a suon di guerre e che comunque contiene il diritto alla felicità nella propria costituzione) pratica il pensiero che ogni persona che passa sul suolo americano è potenzialmente una terrorista e sta a lei/lui l'onere della prova per togliersi da questa accusa !!!

Malattie contagiose
Ai sensi delle leggi degli Stati Uniti, le malattie contagiose che riguardano la salute pubblica sono:
  • Ulcera molle
  • Gonorrea
  • Granuloma inguinale
  • Lebbra, infettiva
  • LGV (linfogranuloma venereo)
  • Sifilide, fase infettiva
  • Tubercolosi, attiva
  • Altre malattie specificate dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani.   
Disturbi fisici o mentali
Per quanto riguarda i disturbi fisici o mentali, rispondere ”Sì” a questa domanda se:
(a) Si soffre attualmente di un disturbo fisico o mentale e se il comportamento associato al disturbo potrebbe rappresentare, o ha rappresentato, una minaccia alla proprietà, alla sicurezza o al benessere di se stessi o di altri; o
(b) Si è sofferto di un disturbo fisico o mentale e se il comportamento precedentemente associato al disturbo, che ha rappresentato una minaccia alla proprietà, alla sicurezza o al benessere di se stessi o di altri, potrebbe ripetersi o condurre ad altri comportamenti dannosi.

16/03/12

Inventiamo il mondo


Da oggi pomeriggio e fino a domenica sera Torino ospiterà un convegno internazionale che già dal titolo Culture indigene di pace. Donne e uomini oltre il conflitto apre alla conoscenza di un mondo in cui la gestione del conflitto trova soluzioni alternative alla violenza

http://www.associazionelaima.it/

Una delle organizzatrici è una mia cara amica e mi ha chiesto di partecipare portando i saluti di una delle istituzioni che hanno patrocinato il convegno. E' la prima volta che faccio un'esperienza del genere, ossia parlare per conto delle istituzioni. Non volendo essere noiosa e decidendo di rispettare rigorosamente il termine dei dieci minuti ho preparato questo testo che voglio condividere con voi ...


Buongiorno a tutte e a tutti
anch'io vi porto i saluti della Commissione per la realizzazione delle Pari Opportunità Donna-Uomo della Regione Piemonte.
Ringrazio l'associazione Laima – Morena, Sarah e Monica – per averci chiesto di essere presenti in questa occasione che voglio sottolinearlo è un convegno internazionale organizzato interamente dal basso. Ho scelto quindi di condividere con voi queste riflessioni che mi pare vadano nella stessa direzione scelta dalle organizzatrici e realizzata da tutti e tutte noi qui presenti.

         Vi voglio prima dire quali sono a mio avviso i motivi che rendono fondamentale la presenza della Commissione: sempre più spesso alla televisione e sui giornali ci dicono che “la Democrazia è in pericolo”. Al concetto di democrazia nel nostro immaginario viene legato quello di libertà. Perché il contrario della democrazia è la dittatura sistema in cui le libertà sono per definizione annullate. Ma di quale democrazia stiamo parlando? Recentemente ho letto un libro di una teologa svizzera Ina Preaotirus – che mi fa piacere citare in questa occasione – per la quale non è trascurabile che la concezione occidentale di libertà sia nata in una società che non riconosceva la piena appartenenza al genere umano a molte categorie di persone, tra cui donne, schiave e schiavi. L'antica Grecia nel momento in cui ha stabilito la gerarchia dei rapporti tra sfere superiori, libere, e sfere inferiori, dipendenti, ha posto le fondamenta per un'interpretazione illusoria della libertà che tuttora ci accompagna producendo effetti distorti nella nostra società e nel rapporto tra uomini e donne. La definizione di superiore e inferiore nasconde l'origine di un vittorioso e di un vinto. In questo senso l'uguaglianza è quanto si offre ai colonizzati sul piano delle leggi e dei diritti. L'uguaglianza è il principio in base al quale l'egemone continua a condizionare il non egemone come ha scritto negli anni 70 Carla Lonzi.

         Le commissioni Pari Opportunità sono state pensate come luoghi di democrazia per rimuovere gli ostacoli che di fatto costituiscono discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle donne. Una delle funzioni della Commissione è la promozione di occasioni di confronto culturale sulla condizione femminile e sull'immagine della donna, contribuendo alla elaborazione di comportamenti differenti. Se infatti c'è uno stare tra donne basato sulla tradizionale complicità e solidarietà femminile, sempre più frequenti sono le situazioni in cui le donne si trovano in un mondo che è stato disegnato dagli uomini e in cui la loro presenza non era prevista e rischia di non essere percepita come portatrice di una differenza in grado di creare un altro ordine di rapporti.

         Come si può organizzare una società in cui ogni persona sia al tempo stesso libera e dipendente, serva e sia servita, definisca e sia definita, agisca in molteplici processi di scambio? Ecco allora che questo convegno può essere l'occasione in cui tali pratiche vengono fatte conoscere aiutandoci a modificare il nostro immaginario legato al concetto di potere e di giustizia. Farsi giustizia è un'espressione che nella nostra società occidentale indica una ricerca di giustizia personale e privata, perciò riprovevole. La rivolta femminista, oltrepassando il confine pubblico/privato, ci esorta a cominciare ad agire nella realtà con criteri, misure, valori indipendenti da quelli dominanti. Cominciare a fare giustizia senza affidarsi a tribunali e leggi valorizza la propria autorità in quanto forza simbolica che può contrastare la paura del potere. La rivoluzione che conta è quella che avviene nell'immaginazione e da tale rivoluzione scaturiranno altri cambiamenti. Tutte le trasformazioni hanno in comune il fatto di avere inizio nell'immaginazione e nella speranza. Sperare è puntare sul futuro, sui propri desideri. Speranza significa che un altro mondo potrebbe essere possibile, non promesso, non garantito. La speranza richiede quindi azione: tutto può accadere e tutto dipende dal nostro agire o dalla nostra mancanza di azione. La speranza è un atto di sfida che abbraccia l'essenziale inconoscibilità del mondo, le rotture con il presente, le sorprese. È vero che negli ultimi decenni lo stato del mondo è peggiorato in modo drammatico se lo misuriamo sul piano materiale con la brutalità delle guerre, l'emergenza acqua e cibo e i feroci attacchi contro l'ambiente, ma abbiamo anche elaborato un enorme numero di attività immateriali – diritti, concetti, parole, pratiche – che rappresentano uno spazio vitale e gli strumenti con cui possiamo affrontare queste atrocità. La globalizzazione non è solo omologazione e accentramento del capitale da parte delle multinazionali, c'è una globalizzazione della comunicazione e delle idee che ne costituisce l'antitesi (Rebecca Solnit, Speranza nel buio. Guida per cambiare il mondo).
        
         Di conseguenza mi piace pensare a questo convegno come al catalizzatore che ci mostri le forme originali della concezione di potere esistenti nel mondo, diverse da quelle che ci hanno insegnato a scuola. Il capitalismo e il socialismo di stato non racchiudono tutte le possibilità di convivenza poiché le società indigene agiscono spesso modalità significativamente diverse per immaginare e amministrare i sistemi sociali ed economici oltre che per collegare la spiritualità e la natalità alla politica. La natalità esalta il simbolico della dipendenza e riporta al centro della convivenza l'ambiente domestico quale luogo primario di cura della vita a scapito del mercato e delle sue regole escludenti. L'essere partoriti ci segna per tutta la vita come esseri dipendenti, bisognosi dell'altra o dell'altro nei quali rimane collocata la nostra libertà. Libertà non significa più rendersi indipendenti da tutto e da tutti bensì che ogni persona possa partecipare al gioco del mondo con nuove pratiche poiché con la propria nascita si è dato inizio a qualcosa di nuovo. Al cuore di questo processo c'è la restituzione alle persone della loro capacità creativa e la riattivazione del loro potenziale di intervento diretto nel mondo. Le persone non sono più intese come consumatrici ma come produttrici di significato. La democrazia diventa quindi una forma politica in cui uomini e donne continuamente re-inventano il mondo grazie alla loro immaginazione, alle relazioni e alle pratiche che agiscono tra loro.

         A queste pratiche in cui il bisogno simbolico di autorità viene accordato all'amore per la libertà il movimento femminista italiano degli anni 70 ha dato il nome di politica del desiderio: le azioni diventano segni e insieme strumenti non soltanto di resistenza ma di libertà. Il desiderio che sa combinare la vita, continuamente ricontrattato con la realtà che ci circonda e che mira a un guadagno di essere. A un di più di essere, come dice Luisa Muraro. Il mio augurio per questi giorni quindi è quello di inventare tutti e tutte insieme il mondo in cui vogliamo vivere. Dipende da noi.  



Ake Dama e Najin Lacong esponenti del popolo Moso. I Moso vivono in Cina e sono un esempio di società che non produce i conflitti e le violenze tra i sessi che il senso comune generalmente attribuisce alla "natura umana".

13/03/12

eccola...

Finalmente ho tempo e agio per scrivere il primo post... avrei potuto iniziare anche prima, ma preferisco fare una sorta di introduzione ufficiale a questo spazio virtuale che finalmente mi sono decisa ad occupare - traslando quell'occupy the net che apre alla libertà di informazione - ringraziando tutte le magnifiche persone che costellano la mia vita in questo momento! Proprio grazie a loro e per loro ho scelto di intitolare il blog "Cambiare il mondo senza prendere il Potere" dove il potere con la P maiuscola rappresenta un modo di vivere che non ci appartiene ma a cui molti e molte si assoggettano sperando in una vita più soddisfacente. Il potere - quello indicato con la p minuscola - è una forza di cui dispone ogni persona che sta abitando la Terra in questo momento. Basta solo vederlo all'opera ... è quello che mi propongo di fare in questi miei post. Vorrei evitare le recriminazioni e le delusioni, piuttosto voglio porre l'attenzione sugli aspetti positivi - nascosti, sconosciuti, non valorizzati - che accompagnano ogni nostra azione sulla scorta di ciò che dice Rebecca Solnit in Speranza nel buio. Guida per cambiare il mondo Fandango Libri 2005 "Questo libro - per noi questo blog - racconta storie di vittoria e opportunità perché le sconfitte e i disastri sono già stati sufficientemente documentati; esiste non per opporsi o per negarli, ma in simbiosi con loro o forse come piccolo contrappeso alla loro stazza" (p.19).