07/11/13

Questioni di peso

Dopo la parentesi australiana mi sto ributtando negli eventi torinesi.
Ieri sera presentazione del libro di Gian Enrico Rusconi, Marlene e Leni. Seduzione, cinema e politica, Feltrinelli 2013. Tralascio di provare a chiedermi e a rispondermi perché un professore emerito, politologo e storico arrivato a una certa età e con aria da guascone si metta a scrivere un libro di cinema perché lui non scrive di cinema, scrive un libro su due donne che in un qualche modo sono anche nel suo immaginario e non solo in quello delle Repubblica di Weimar.
Rusconi fin dall'inizio ammette di parteggiare per Marlene (Dietrich) e lo si capisce bene perché le dedica quasi tutto l'intervento. A Leni rimangono le briciole. A noi (io e mie due amiche) che pazientemente lo ascoltiamo neanche quelle.

Tuttavia, e direi per fortuna, mentre lui parla ecco la prima illuminazione della serata: la maggior parte delle donne che conosco quando parla in pubblico è agitata, emozionata, si prepara come se il giudizio del pubblico la spedisse direttamente all'inferno o in paradiso. Gli uomini no. Alcuni di loro riescono a far passare in queste presentazioni un misto di supponenza e arroganza da Superuomo. Lo si sente nel tono della voce, lo si percepisce nella comunicazione verbale e non verbale.

C'è da ragionare su questa suggestione. Le donne ora possono parlare in pubblico ma come ci stiamo davanti a una platea? riusciamo a sostenere un dibattito?

La seconda illuminazione tratta proprio di questo. Non in generale, ma di come io riesco a sostenere un dibattito. Alla discussione sul libro partecipa anche un professore di cinema dell'Università di Torino, non è un vero e proprio dibattito, perché ognuno ha la sua parte. Chi introduce, l'autore e il professore. Il professore a un certo punto dice che nel cinema americano non ci sono donne produttrici fino agli anni Quaranta. Sobbalzo sulla sedia. Ma come? Partecipo a convegni internazionali che mirano proprio a togliere dall'oblio queste donne e ora lui me le ricaccia con una superbia irritante? Sì perché l'incipit alla segnalazione della mancanza di donne è questo "le mie colleghe femministe si arrabbiano quando dico che non ci sono produttrici, ma è così, non sono io maschilista lo è l'industria del cinema" ... Un piccolo pensiero a Jessica Rabbit "Io non sono cattiva, è che mi disegnano così".

Visto che non c'è spazio per il dibattito, decido di fare le mie osservazioni fuori. Apriti o cielo. Innanzitutto mi urla contro. Ma casomai sono ignorante, non sorda. Poi la butta sul peso. Non ci sono donne di peso nella storia del cinema americano. Nessuna donna ha prodotto "Via col vento". Poi la sfida: "se riesci a trovarmi una donna così ti stacco un assegno".

E la conversazione va avanti per un quarto d'ora. Il tasto su cui lui batte è che le donne non hanno peso storicamente né nel cinema né nelle altre arti. Inutili le ricerche che ne riscoprono i profili, perché tanto non cambiano la narrazione.

Stamattina ecco l'illuminazione che ha il sapore del paradosso: come si può chiedere alle donne di avere peso simbolico, se nel contempo si offre loro un immaginario vincente di magrezza sul piano fisico?!?! Quanto il peso simbolico è legato a quello fisico? Ci può essere un conflitto tra questi due pesi? E se ci liberassimo dell'ossessione del peso e della magrezza potremmo acquistare maggior peso sul piano simbolico?

Ma poi veramente lui pensa di essere pulito? Pensa davvero che nella sua posizione di potere non può contribuire al cambiamento della narrazione del cinema? Se l'industria coeva ha escluso queste donne dal mercato perché lui le deve ricacciare nell'oblio? E poi chi lo dice che queste donne volevano produrre kolossal? Solo una mente patriarcale e capitalista, che crede a una produzione neutrae a una linea di progresso evolutiva lineare dove le donne "finalmente" stanno acquisendo pari diritti e pari opportunità e quindi possono combattere ad armi pari con gli uomini nel mercato (cinematografico).

Difficilmente si pensa che magari molte donne non hanno voglia di combattere e preferiscono fare altro. E ne godono di più. Come al solito è una questione di desiderio e di libertà.

1 commento:

Minerva ha detto...

Oh, mia cara, sono d'accordissimo. E da donna 'rotonda', e profondamente libera e piena di desiderio, faccio la mia parte 'di peso' per cambiare questa stupida prospettiva patriarcale e maschilista, ma da tranquilla, ché l'assenza di miseri dogmi è al contrario premessa già abbastanza forte per non temere confronti con qualsivoglia interlocutore (modalità 'cialtrona on' + tora tora tora).
Noi si cambia il mondo senza prendere il Potere, no? ;-)