16/10/15

Quanti soldi bastano a lavare una coscienza?

Oggi ho letto questo articolo, dal titolo inquietante: "Vi racconto come ho fatto soldi a palate spacciando bufale razziste sul web". Ossia la confessione di un semi-pentito ventenne siciliano che lascia da parte le proprie aspirazioni giornalistiche per dedicarsi a creare bufale razziste, perché, si sa, il razzismo va di moda e quindi ... soldi a palate.

Ciò che mi ha colpito di questo articolo è la sensazione di superiorità che emerge dalle risposte del ragazzo. Non un minimo di pentimento e di autocritica rispetto a ciò che ha fatto perché:

- lo fanno i politici (e a loro portano voti quindi soldi)
- basta leggere le notizie con un po' di attenzione per capire che si tratta di bufale (la colpa quindi è dell'ignoranza dei lettori)
- la disoccupazione giustificava il fatto di creare notizie false sugli immigrati e fomentare l'odio sociale

Certo i social network agevolano la leggerezza nel condividere ciò che ci fa indignare. E l'indignazione a volte viene spenta attraverso la condivisione più che nel fare effettivamente qualcosa, ma è importante che ogni persona in prima persona abbia consapevolezza di cosa sta facendo.

Davvero i soldi sono in grado di lavare una coscienza? E quale è la cifra adeguata?

Un passaggio che mi ha colpito molto nell'articolo è stato questo: *Gli algoritmi dell'advertising sul web non sono programmati per riconoscere le categorie del bene e del male*. Vero! Verissimo!!!
E' per questo che non possiamo affidarci totalmente alle macchine. 
Abbiamo il libero arbitrio. Facciamolo agire. 
E questi fatti cesseranno di essere vissuti come un percorso positivo/alternativo. E la cui gravità di comportamento viene mascherata dalla disoccupazione. 

Ci manca solo che ora parta una corsa all'invito in tv a raccontare la propria storia secondo un percorso mediatico che già conosciamo e che ci basta e avanza. 

Creiamo modelli positivi. Contaminiamo l'immaginario con storie di fratellanza e sorellanza. 


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