Oggi ho visto un video incredibile!
In Inghilterra hanno fatto un esperimento molto interessante: per sei mesi hanno ritagliato tutte le figure - maschili e femminili - presenti sul Sun, il famoso giornale sportivo.
Risultati: di donne sportive non ne esiste neanche una (stando alle immagini)
Le donne sono tutte in posa, gli uomini ritratti mentre vivono
Le donne molto spesso sono nude, gli uomini no
Mi chiedo, cosa succederebbe, a fare un esperimento simile in Italia
Anzi qualcuno lo dovrebbe fare per capire, fatti alla mano, quali sono i messaggi che veicolano i nostri giornali.
Perché l'immagine controlla i nostri pensieri.
E il nostro immaginario stimola atteggiamenti e comportamenti.
E giudizi.
E noi viviamo *anche* in funzione di questi giudizi.
Chi vuole *ancora* le donne nude e zitte?
Chi vuole *ancora* le donne soprammobili e statuine?
Ribelliamoci, noi diamo la vita. Noi siamo vita!
05/12/14
02/12/14
L'eterno primo passo
Qualche giorno fa volevo scrivere un post sulle eterne polemiche che hanno accompagnato - nell'ordine - il 25 novembre Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, la polemica sull'astronauta Samantha Cristoforetti e i like al femminicida Cosimo Pagnani. Probabilmente lo farò più avanti, ora mi preme parlare di un problema fondamentale che attanaglia la vita di noi donne: primeggiare.
Non so se c'avete mai fatto caso, ma le notizie sulle donne hanno spesso questi titoli
"La donna più..."
"La donna meno..."
"La prima donna a..."
Non esistono le donne nella media. Bisogna sempre, per far parlare di sé, eccedere in qualcosa. Bello o brutto non importa. L'importante è l'eccentricità.
Ti credo poi che si dice *luogo comune pieno di retorica* che le donne non fanno gruppo, non sono veramente amiche.
La società le vuole sole e fa di tutto per strutturare il loro immaginario in questa direzione.
Quanti film, libri, testi teatrali sono costruiti su un uomo conteso tra due donne? Le donne non hanno altro legame se non quello con l'uomo. Senza l'uomo pare non possano esistere.
E invece noi donne abbiamo bisogno di fare gruppo, di sostenerci reciprocamente. Ma anche di costruire e rafforzare una genealogia che ci dia forza. Perché essere la prima può essere gratificante, ma è anche snervante e difficoltoso rifare, ripensare, ridiscutere ciò che è già stato fatto.
Chiunque prenda il potere in una società cerca nella storia che l'ha preceduto un contatto, un legame che giustifichi appunto la presa del potere. Noi donne invece preferiamo continuare a pensare di "essere state le prime a pensare, a fare"... certo che ci sono le prime a fare qualcosa ma la loro esperienza deve essere poi integrata e, magari superata, ma prima di tutto riconosciuta e fatta agire sopratutto di fronte alle difficoltà che possiamo incontrare. Altrimenti ogni nostro passo in avanti diventerà un passo indietro tra qualche tempo. E non ci sarà accumulo di esperienza e di ragionamento sulle esperienze fatte.
E' nella genealogia e nel gruppo la nostra forza, nel ricordarci che non siamo sole e che le reti distrutte dal patriarcato si possono sempre ricostruire.
06/11/14
XII Non Tradirsi
Visto che qualche tempo fa avevo scritto il post XI Non attendere questo nuovo post, proprio perché va nella stessa direzione, ha il numero seguente, il XII.
Ieri ho avuto la mia prima conversazione accademica in francese: lettura critica del testo di Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé (Une chambre à soi) e condivisione sulla base di ciò che viene detto in questo libro di una mia ricerca di qualche anno fa per un convegno su donne e cinema muto in Inghilterra.
Ciò che voglio condividere ora con voi è la sensazione di poter portare le nostre ricerche, il nostro pensiero in ogni contesto anche se ci può essere una difficoltà di comunicazione derivata dalla differenza linguistica (e dalla differenza che l'uso di una lingua piuttosto che di un'altra esercita sul nostro pensiero).
Al posto di preoccuparsi delle differenze linguistiche, dovremmo preoccuparci di un altro aspetto fondamentale nel nostro stare e agire nel mondo: il non tradirsi. Come scriveva giustamente Virginia Woolf "sottomettersi ai decreti dei misuratori è il più servile degli atteggiamenti. Finché desiderate, scrivete ciò che desiderate scrivere questo è tutto ciò che conta. Ma sacrificare un capello della testa della vostra visione, una sfumatura del suo colore, per riguardo a qualche rettore con un vaso d'argento in mano, o a qualche professore con un metro nascosto nella manica, è il più vile tradimento."
Quindi portate avanti le vostre ricerche, i vostri pensieri, i vostri desideri anche se sembrano non essere sostenuti, siate coerenti con voi e qualcosa succederà fuori e dentro di voi! E soprattutto non abbiate paura di condividerli col mondo intero, c'è sempre un modo per far passare le nostre idee e, trovarlo, aiuta a raffinare ciò che stiamo dicendo e, a volte, a migliorarlo!
Ieri ho avuto la mia prima conversazione accademica in francese: lettura critica del testo di Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé (Une chambre à soi) e condivisione sulla base di ciò che viene detto in questo libro di una mia ricerca di qualche anno fa per un convegno su donne e cinema muto in Inghilterra.
Ciò che voglio condividere ora con voi è la sensazione di poter portare le nostre ricerche, il nostro pensiero in ogni contesto anche se ci può essere una difficoltà di comunicazione derivata dalla differenza linguistica (e dalla differenza che l'uso di una lingua piuttosto che di un'altra esercita sul nostro pensiero).
Al posto di preoccuparsi delle differenze linguistiche, dovremmo preoccuparci di un altro aspetto fondamentale nel nostro stare e agire nel mondo: il non tradirsi. Come scriveva giustamente Virginia Woolf "sottomettersi ai decreti dei misuratori è il più servile degli atteggiamenti. Finché desiderate, scrivete ciò che desiderate scrivere questo è tutto ciò che conta. Ma sacrificare un capello della testa della vostra visione, una sfumatura del suo colore, per riguardo a qualche rettore con un vaso d'argento in mano, o a qualche professore con un metro nascosto nella manica, è il più vile tradimento."
Quindi portate avanti le vostre ricerche, i vostri pensieri, i vostri desideri anche se sembrano non essere sostenuti, siate coerenti con voi e qualcosa succederà fuori e dentro di voi! E soprattutto non abbiate paura di condividerli col mondo intero, c'è sempre un modo per far passare le nostre idee e, trovarlo, aiuta a raffinare ciò che stiamo dicendo e, a volte, a migliorarlo!
01/11/14
La paura di essere brutte
Da un paio di giorni vorrei scrivere qualcosa sulla bellezza / bruttezza perché una serie di associazioni mentali si stanno facendo largo nella mia mente.
Tutto è partito dalla visione di questo video che mi ha commossa.
Lizzie Velasquez è nata con una malattia rara che non le permette di acquistare peso ed è considerata così brutta - in un mondo che comunque ha fatto della magrezza un sinonimo di bellezza - da essere stata definita dai suoi compagni di liceo "La donna più butta del mondo".
Allora mi sono messa a guardare le foto profilo delle amiche dei miei cuginetti adolescenti. Ed è un continuo esporsi per ricevere gli agognati "mi piace" sinonimo di popolarità e apprezzamento su Facebook.
Poi mi sono detta "effettivamente lo faccio anche io" perché nasconderlo. Perché continuare a far credere che voglio apparire superiore solo perché ho il doppio della loro età? Perché non ammettere che comunque in ciò che facciamo, diciamo, scriviamo c'è la ricerca di un'approvazione sociale - non di tutta la società, ma di quella che sentiamo più affine, più vicina, più legata a noi?
La risposta a questi miei interrogativi l'ho trovata in un libro che sto leggendo in questi giorni, La donna serpente di Angela Giallongo. C'è un interessante passaggio sull'affinità tra bruttezza e cattiveria che voglio riportare qui: "l'analogia del brutto con il male risale ai Greci". Ecco io credo che questa analogia ce la portiamo dentro da tutti questi secoli e ci orienta nella ricerca di essere considerate belle. E' un discorso che riguarda soprattutto le donne, che solo a un certo punto della Storia sono diventate ideale di bellezza. O meglio alcune donne, quelle che rientrano nel canone di bellezza stabilito dalla società patriarcale in cui vivono.
Per le altre vale ancora l'assioma: bruttezza / cattiveria. E infatti le donne brutte sono innanzitutto invidiose delle donne belle e invidiose di tutto, perché a loro la bellezza è stata negata. l'iconologia di Cesare Ripa riporta questa definizione per l'invidia: "una donna vecchia, brutta, dal corpo asciutto, dagli occhi biechi, scapigliata con serpi al posto del capelli e che di velen colma la lingua, né mai sente piacer alcun se non dell'altrui lutto e che vede l'altrui ben con occhio torto"
L'invidia è vecchia per la lunga, antica, inimicizia con la virtù.
E' magra perché lentamente si macera e si consuma.
Ha serpenti al posto dei capelli per i cattivi pensieri e per il veleno che sparge e semina.
Allora io penso che si debba partire dalla decostruzione di questi stereotipi e di questo legame bruttezza/invidia/cattiveria per poter liberare l'espressione di ognuno di noi. Un buon suggerimento nel frattempo ce lo da la stessa Lizzie nel finale del video quando a proposito delle cattiverie e degli insulti ricevuti dice "Ho usato la loro negatività per accendere la mia passione".
Tutto è partito dalla visione di questo video che mi ha commossa.
Lizzie Velasquez è nata con una malattia rara che non le permette di acquistare peso ed è considerata così brutta - in un mondo che comunque ha fatto della magrezza un sinonimo di bellezza - da essere stata definita dai suoi compagni di liceo "La donna più butta del mondo".
Allora mi sono messa a guardare le foto profilo delle amiche dei miei cuginetti adolescenti. Ed è un continuo esporsi per ricevere gli agognati "mi piace" sinonimo di popolarità e apprezzamento su Facebook.
Poi mi sono detta "effettivamente lo faccio anche io" perché nasconderlo. Perché continuare a far credere che voglio apparire superiore solo perché ho il doppio della loro età? Perché non ammettere che comunque in ciò che facciamo, diciamo, scriviamo c'è la ricerca di un'approvazione sociale - non di tutta la società, ma di quella che sentiamo più affine, più vicina, più legata a noi?
La risposta a questi miei interrogativi l'ho trovata in un libro che sto leggendo in questi giorni, La donna serpente di Angela Giallongo. C'è un interessante passaggio sull'affinità tra bruttezza e cattiveria che voglio riportare qui: "l'analogia del brutto con il male risale ai Greci". Ecco io credo che questa analogia ce la portiamo dentro da tutti questi secoli e ci orienta nella ricerca di essere considerate belle. E' un discorso che riguarda soprattutto le donne, che solo a un certo punto della Storia sono diventate ideale di bellezza. O meglio alcune donne, quelle che rientrano nel canone di bellezza stabilito dalla società patriarcale in cui vivono.
Per le altre vale ancora l'assioma: bruttezza / cattiveria. E infatti le donne brutte sono innanzitutto invidiose delle donne belle e invidiose di tutto, perché a loro la bellezza è stata negata. l'iconologia di Cesare Ripa riporta questa definizione per l'invidia: "una donna vecchia, brutta, dal corpo asciutto, dagli occhi biechi, scapigliata con serpi al posto del capelli e che di velen colma la lingua, né mai sente piacer alcun se non dell'altrui lutto e che vede l'altrui ben con occhio torto"
L'invidia è vecchia per la lunga, antica, inimicizia con la virtù.
E' magra perché lentamente si macera e si consuma.
Ha serpenti al posto dei capelli per i cattivi pensieri e per il veleno che sparge e semina.
Allora io penso che si debba partire dalla decostruzione di questi stereotipi e di questo legame bruttezza/invidia/cattiveria per poter liberare l'espressione di ognuno di noi. Un buon suggerimento nel frattempo ce lo da la stessa Lizzie nel finale del video quando a proposito delle cattiverie e degli insulti ricevuti dice "Ho usato la loro negatività per accendere la mia passione".
29/10/14
Balliamo?
Ieri ho visto un video bellissimo.
Parla di una bambina che vuole iscriversi a un corso di danza, mentre il papà ha scelto per lei corsi di inglese, informatica, scacchi perché le apriranno un futuro. Mentre il papà le spiega tutto ciò che potrà avere seguendo quei corsi e sacrificando il suo essere bambina risate in sottofondo tipiche da serial americano.
I commenti che ho visto più frequenti che ho letto su facebook fanno riferimento ai bambini e alle bambine. Ma è possibile che non riusciamo a pensare a noi? O almeno alla nostra parte bambina che ancora oggi ci chiede di ballare invece che seguire corsi di perfezionamento, tutorial, indici di borsa etc...
Il video non ci insegna solo a ricordarci dei nostri sogni, ma ci parla dell'integrità di questi sogni. Sacrificarli vuol dire adattarci a una società che ci vuole schiavi, succubi di numeri e norme. Significa non dare importanza alla nostra fantasia, fino a ucciderla.
Abbiamo dei sogni?
Quanto dedichiamo a perseguirli?
Con che energia nutriamo i nostri sogni e le nostre aspirazioni?
A seguire le indicazioni di chi sa sempre cosa è meglio per noi rischiamo di non avere più tempo da dedicarci. Rischiamo di non avere più sogni. Rischiamo di non voler avere più sogni.
E rischiamo soprattutto di perdere la nostra integrità. Di lasciare che qualcun altro decida per noi.
Come potremo cambiare una società che non ci piace?
Dove troveremo la forza?
Parla di una bambina che vuole iscriversi a un corso di danza, mentre il papà ha scelto per lei corsi di inglese, informatica, scacchi perché le apriranno un futuro. Mentre il papà le spiega tutto ciò che potrà avere seguendo quei corsi e sacrificando il suo essere bambina risate in sottofondo tipiche da serial americano.
I commenti che ho visto più frequenti che ho letto su facebook fanno riferimento ai bambini e alle bambine. Ma è possibile che non riusciamo a pensare a noi? O almeno alla nostra parte bambina che ancora oggi ci chiede di ballare invece che seguire corsi di perfezionamento, tutorial, indici di borsa etc...
Il video non ci insegna solo a ricordarci dei nostri sogni, ma ci parla dell'integrità di questi sogni. Sacrificarli vuol dire adattarci a una società che ci vuole schiavi, succubi di numeri e norme. Significa non dare importanza alla nostra fantasia, fino a ucciderla.
Abbiamo dei sogni?
Quanto dedichiamo a perseguirli?
Con che energia nutriamo i nostri sogni e le nostre aspirazioni?
A seguire le indicazioni di chi sa sempre cosa è meglio per noi rischiamo di non avere più tempo da dedicarci. Rischiamo di non avere più sogni. Rischiamo di non voler avere più sogni.
E rischiamo soprattutto di perdere la nostra integrità. Di lasciare che qualcun altro decida per noi.
Come potremo cambiare una società che non ci piace?
Dove troveremo la forza?
25/10/14
Une chambre à soi, encore!
Ieri è stato l'anniversario dell'uscita della prima edizione di Una camera tutta per sé di Virginia Woolf
Da allora è passato tanto tempo, ma cosa è *veramente* cambiato per le donne che scrivono romanzi? Davvero le donne oggi hanno la possibilità di scrivere e di mantenersi scrivendo? Sicuramente per alcune donne si può dire che hanno a disposizione quel po' di soldi e quella camera tutta per sé, condizioni indispensabile per scrivere secondo Virginia Woolf.
Ma tutte le altre?
Come ci ricorda Virginia, infatti, il talento non si concentra solo in chi dispone di canali per poter arrivare a una pubblicazione, ma si può trovare in chiunque. Quindi dobbiamo trovare nuove vie per far ascoltare la nostra voce e non piegarci a quel riflusso di patriarcato che vuole sottomettere la nostra genialità a regole che ci opprimono.
"L'uomo non è il modello a cui adeguare il processo di scoperta di sé da parte della donna. L'uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna ai più alti livelli" scriveva Carla Lonzi negli anni Settanta.
Porre l'uguaglianza come obiettivo significa assumere una prospettiva limitata e limitante, ma dobbiamo continuare a rivendicare il nostro stare nel mondo e il nostro starci come piace a noi!
Da allora è passato tanto tempo, ma cosa è *veramente* cambiato per le donne che scrivono romanzi? Davvero le donne oggi hanno la possibilità di scrivere e di mantenersi scrivendo? Sicuramente per alcune donne si può dire che hanno a disposizione quel po' di soldi e quella camera tutta per sé, condizioni indispensabile per scrivere secondo Virginia Woolf.
Ma tutte le altre?
Come ci ricorda Virginia, infatti, il talento non si concentra solo in chi dispone di canali per poter arrivare a una pubblicazione, ma si può trovare in chiunque. Quindi dobbiamo trovare nuove vie per far ascoltare la nostra voce e non piegarci a quel riflusso di patriarcato che vuole sottomettere la nostra genialità a regole che ci opprimono.
"L'uomo non è il modello a cui adeguare il processo di scoperta di sé da parte della donna. L'uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna ai più alti livelli" scriveva Carla Lonzi negli anni Settanta.
Porre l'uguaglianza come obiettivo significa assumere una prospettiva limitata e limitante, ma dobbiamo continuare a rivendicare il nostro stare nel mondo e il nostro starci come piace a noi!
23/10/14
Quintessenza
Ci sono libri che cambiano la vita!
Quanti saggi sono stati scritti sull'influenza delle fiabe che ci possono aiutare a guarire?
E quante persone quando arrivano Natale e i compleanni regalano dei libri?
A volte capita che alcuni libri ci accompagnino nel corso della nostra vita perché ritornano sotto forma di citazione, di condivisione, spiraleggiano con noi in una dolce danza.
Stasera ho voglia di condividere un libro che ho letto qualche anno fa e che mi è ritornato alla mente ieri mentre pensavo a un saggio che devo scrivere in un paio di settimane. Si tratta di Quintessenza di Mary Daly. Il mio amore per questa donna è nato grazie all'ammirazione per la sapienza nell'uso delle parole che - sotto forma di gioco - arrivano a noi e spalancano il nostro cuore e la nostra attenzione verso altre galassie.
Mary invita le Donne Coraggiose a viaggiare in altre dimensioni.
Mary ci ricorda che il nostro tempo non è né lineare né circolare, ma è a spirale, come la forma delle galassie dello spazio. Mary parla di Momenti di Coraggio che, compiuti, ci portano a saltare, come gli elettroni, fino a compiere il Salto Quantico. Come le stelle anche noi possiamo saltare di galassia in galassia.
Possiamo farlo perché siamo Pure Lust. Dobbiamo farlo perché siamo circondate da terrorismo e necrofilia. E noi siamo portatrici di amore per la vita.
Se diventiamo consapevoli del nostro Pure Lust richiamiamo il Coraggio Oltraggioso di andare oltre una società patriarcale che ci sminuisce, ci riempie di paure e di esitazioni. Riscopriamo le nostre grandi potenzialità. Spiraleggiamo sopra un mondo che non è nostro.
Del resto cosa abbiamo da perdere? Il patriarcato non ci dà niente. Morte, violenze, torture, stupri, povertà, stupidità... Non abbiamo niente da perdere. Ed è proprio in questa situazione che possiamo compiere Atti Rabbiosi e Coraggiosi tirando fuori tutta la nostra Ginergia.
Facciamo una Rivoluzione piena di Spirito / Ispirante per le persone che ci vivono accanto e per quelle che verranno attratte nella nostra orbita. Diamo spazio alla nostra Brama Irrefrenabile di sapere / di conoscere / di partecipare alla Vita.
Le Amazzoni, scrive Mary, agiscono con il doppio taglio del Coraggio Magnetico da una parte respingendo quelli che cercano di ostacolarci e dall'altra attirando Alleate Potenti che possano aiutarci.
Che il nostro dolore non resti passivo.
Che il nostro lamento diventi invettiva.
Nominiamo dolore. Nominiamo i retaggi patriarcali. Nominiamo gli oppressori.
Creiamo nuovi vortici di forza!
Ogni volta che possiamo trasformiamo il dolore e la tristezza in Rabbia o in qualche altra Passione Vulcanica. La pena, da sola, è passiva, laddove la Giusta Rabbia può spingerci all'Azione e alla Cre-Azione.
La Giusta Rabbia crea Ginergia per Osare Grandi Balzi e l'Originalità Audace per Spiraleggiare in galassie lontane!
Quanti saggi sono stati scritti sull'influenza delle fiabe che ci possono aiutare a guarire?
E quante persone quando arrivano Natale e i compleanni regalano dei libri?
A volte capita che alcuni libri ci accompagnino nel corso della nostra vita perché ritornano sotto forma di citazione, di condivisione, spiraleggiano con noi in una dolce danza.
Stasera ho voglia di condividere un libro che ho letto qualche anno fa e che mi è ritornato alla mente ieri mentre pensavo a un saggio che devo scrivere in un paio di settimane. Si tratta di Quintessenza di Mary Daly. Il mio amore per questa donna è nato grazie all'ammirazione per la sapienza nell'uso delle parole che - sotto forma di gioco - arrivano a noi e spalancano il nostro cuore e la nostra attenzione verso altre galassie.
Mary invita le Donne Coraggiose a viaggiare in altre dimensioni.
Mary ci ricorda che il nostro tempo non è né lineare né circolare, ma è a spirale, come la forma delle galassie dello spazio. Mary parla di Momenti di Coraggio che, compiuti, ci portano a saltare, come gli elettroni, fino a compiere il Salto Quantico. Come le stelle anche noi possiamo saltare di galassia in galassia.
Possiamo farlo perché siamo Pure Lust. Dobbiamo farlo perché siamo circondate da terrorismo e necrofilia. E noi siamo portatrici di amore per la vita.
Se diventiamo consapevoli del nostro Pure Lust richiamiamo il Coraggio Oltraggioso di andare oltre una società patriarcale che ci sminuisce, ci riempie di paure e di esitazioni. Riscopriamo le nostre grandi potenzialità. Spiraleggiamo sopra un mondo che non è nostro.
Del resto cosa abbiamo da perdere? Il patriarcato non ci dà niente. Morte, violenze, torture, stupri, povertà, stupidità... Non abbiamo niente da perdere. Ed è proprio in questa situazione che possiamo compiere Atti Rabbiosi e Coraggiosi tirando fuori tutta la nostra Ginergia.
Facciamo una Rivoluzione piena di Spirito / Ispirante per le persone che ci vivono accanto e per quelle che verranno attratte nella nostra orbita. Diamo spazio alla nostra Brama Irrefrenabile di sapere / di conoscere / di partecipare alla Vita.
Le Amazzoni, scrive Mary, agiscono con il doppio taglio del Coraggio Magnetico da una parte respingendo quelli che cercano di ostacolarci e dall'altra attirando Alleate Potenti che possano aiutarci.
Che il nostro dolore non resti passivo.
Che il nostro lamento diventi invettiva.
Nominiamo dolore. Nominiamo i retaggi patriarcali. Nominiamo gli oppressori.
Creiamo nuovi vortici di forza!
Ogni volta che possiamo trasformiamo il dolore e la tristezza in Rabbia o in qualche altra Passione Vulcanica. La pena, da sola, è passiva, laddove la Giusta Rabbia può spingerci all'Azione e alla Cre-Azione.
La Giusta Rabbia crea Ginergia per Osare Grandi Balzi e l'Originalità Audace per Spiraleggiare in galassie lontane!
17/10/14
Ciò che è nostro per destinazione (o del non perdere tempo inutilmente)
Gli ultimi giorni parigini li ho passati a letto, tra influenza e ciclo mestruale. Una bella depurazione.
Evitato ogni contatto con l'esterno, tranne per i commenti letti e fatti su Facebook.
E ho pensato. Molto.
E devo ringraziare, come sempre alcune mie amiche.
Una scrive: "Seguo talmente tante cose, lavori, progetti, che mi scoppia la testaaaaaahhhh"
Un'altra impiega il suo tempo in varie associazioni e progetti tutti interessantissimi e socialmente utili. E la preparazione di un esame universitario viene fatta ritagliandosi del tempo tra un'attività e l'altra.
E ieri esce il call for paper per un convegno che mi interessa molto e che si terrà a settembre 2015 negli Stati Uniti. Inutile dire che aspettavo di sapere solo la deadline per scrivere l'abstract e incrociare le dita. Invece ci sono rimasta malissimo perché sul tema del convegno “Women, Labor, and Working-Class Cultures” non so proprio niente. O meglio di questo tema intersecato con il cinema muto italiano non so proprio niente. E così sono partite diecimila connessioni mentali al secondo per capire cosa poter proporre anche in base al tempo a disposizione, al fare una ricerca degna di chiamarsi tale e alle varie sottocategorie proposte.
Poi a metà serata l'illuminazione. L'anno scorso grazie allo stesso convegno ero stata in Australia e avevo trovato il mio scopo, il tema della ricerca mio per destinazione come scriveva Simone Weil, e so bene che tipo di energia mi aveva accompagnato. Quindi la conclusione è che presenterò un abstract su un progetto intorno al quale voglio davvero lavorare perché non ha senso imbarcarsi in operazioni di facciata. Il nostro lavoro ha valore anche per ciò che muoviamo con esso. E la qualità del nostro lavoro dipende anche dall'energia che ci mettiamo dentro.
Basta seguire progetti inutili per me, basta seguire persone che non mi danno buona energia solo perché questa è l'era della comunicazione e non possiamo non sapere. In tutta questa rin-corsa alle notizie rischiamo di perderci e comunque di perdere buona parte delle nostre energie che invece devono essere messe in ciò in cui crediamo davvero. E se per questo non verrò scelta, pazienza, rimanere fedeli a se stesse è la più grande partecipazione che posso mettere in atto.
12/10/14
Lupacchiare è bello
Ieri sera mi è tornato in mano il libro di Clarissa Pinkola Estes Donne che corrono coi lupi.
O meglio mi è tornata sotto gli occhi la versione digitale, che quando viaggi è molto più leggera e la schiena ringrazia.
Questo non è proprio un viaggio zaino in spalla ma è comunque un viaggio in un luogo sconosciuto e poco esplorato finora, così rileggere le Regole generali dei lupi per la vita non mi sembra fuori luogo. Eccole qui:
1. Mangiare.
2. Riposare. 3. Vagabondare.
4. Mostrare lealtà.
5. Amare i piccoli
6. Cavillare al chiaro di luna.
7. Accordare le orecchie.
8. Occuparsi delle ossa.
9. Far l'amore.
10. Ululare spesso
Ciò che possiamo fare per cambiare questa società è tirar fuori la nostra natura selvaggia
troppo spesso repressa in nome di un'etichetta, di un'educazione di facciata che ci reprime e ci opprime.
La nostra risorsa più importante è la creatività ma per ritrovarla e farla agire dobbiamo andare al centro di noi e riportarla in superficie.
O meglio mi è tornata sotto gli occhi la versione digitale, che quando viaggi è molto più leggera e la schiena ringrazia.
Questo non è proprio un viaggio zaino in spalla ma è comunque un viaggio in un luogo sconosciuto e poco esplorato finora, così rileggere le Regole generali dei lupi per la vita non mi sembra fuori luogo. Eccole qui:
1. Mangiare.
2. Riposare. 3. Vagabondare.
4. Mostrare lealtà.
5. Amare i piccoli
6. Cavillare al chiaro di luna.
7. Accordare le orecchie.
8. Occuparsi delle ossa.
9. Far l'amore.
10. Ululare spesso
Ciò che possiamo fare per cambiare questa società è tirar fuori la nostra natura selvaggia
troppo spesso repressa in nome di un'etichetta, di un'educazione di facciata che ci reprime e ci opprime.
La nostra risorsa più importante è la creatività ma per ritrovarla e farla agire dobbiamo andare al centro di noi e riportarla in superficie.
11/10/14
Della Lontananza (o della Lucidità)
E' ormai una settimana che sono a Parigi.
Ed è tempo già di bilanci (ah quanto amo la mia mente di ragioniera...)
Scherzi a parte, è importante tener traccia delle consapevolezze che man mano arrivano altrimenti poi le si perde che come diceva Vasco Rossi in Una canzone per te "Ma le canzoni son come i fiori, nascon da sole e sono come i sogni e a noi non resta che scriverle in fretta, perché poi svaniscono e non si ricordano più".
Ciò che ho capito in questa settimana che poco è stata dedicata al lavoro al tavolino e molto alla ricerca *sul campo* accompagnando i miei genitori in giro per Parigi è tra i bisogni fondamentali delle persone c'è il viaggiare! Non voglio fare un elenco dei benefici del viaggio, che non deve essere una vacanza a cinque stelle in un villaggio anonimo o in un hotel di lusso ma un lasciarsi andare al Vagabonding, ma porre il problema del viaggio inteso a livello politico, risorsa dell'organizzazione mondiale della sanità o più semplicemente del sistema sanitario nazionale per guarire dallo stress o dal male di vivere, dall'apatia e dall'abbruttimento generale delle persone e tra le persone.
Voglio intendere il viaggio, l'allontanarsi dal tram tram quotidiano come un medicamento necessario che spinga a muovere risorse - monetarie e non - per creare la possibilità affinché tutte le persone possano godere di questa medicina senza controindicazioni. Anzi, penso che potrebbe avere molti effetti positivi:
1. Più consapevolezza del mondo che abitiamo (delle persone che lo abitano, delle culture, degli animali e delle piante)
2. Meno attaccamento al nostro modi di vivere percepito come naturale. Riconoscimento del fatto che è una costruzione culturale e come tale può essere cambiato
3. Meno attaccamento a ciò che possediamo o meglio crediamo di possedere (oggetti, persone, credenze)
4. Aumento della curiosità e della voglia di viaggiare per conoscere ciò che è differente da noi
5. Risparmio su spese come l'esercito e tutte le forze armate, inutili in un mondo che è percepito come uno e non divisibile in stati nazionali
6. Riduzione dello stress, dell'apatia, della tristezza e della rabbia
7. Aumento della solidarietà tra le persone, della voglia di migliorare il mondo che abitiamo
8. Aumento della lucidità su ciò che stiamo vivendo, capacità di staccarsene se non ci appartiene più, coraggio di prendere scelte che cambiano la nostra vita
9. Diminuzione delle spese sanitarie e degli ospedali, delle medicine e dei coaching
Mi sono limitata a indicare qualche possibile conseguenza poi ognuno vedrà gli effetti su di sé. Perché non bisogna aspettare che ci sia la società migliore, i governanti migliori, la situazione economica migliore per poter fare tutto ciò. Dobbiamo crearci le nostre possibilità e andare, provare, tentare, realizzare i nostri sogni. L'universo ci sostiene. Ma dobbiamo essere noi i primi e le prime a crederci altrimenti chi crederà in noi e nei nostri sogni?
Nel favoloso libro La prima radice Simone Weil parla di bisogni irrinunciabili per ogni uomo e ogni donna tra cui la bellezza proponendo gite aziendali. Ecco io sono più a favore di politiche del genere che di un reddito di cittadinanza che si configura come "dare dei soldi" e basta, non investendo sul benessere psicofisico delle persone e della società in generale.
Ed è tempo già di bilanci (ah quanto amo la mia mente di ragioniera...)
Scherzi a parte, è importante tener traccia delle consapevolezze che man mano arrivano altrimenti poi le si perde che come diceva Vasco Rossi in Una canzone per te "Ma le canzoni son come i fiori, nascon da sole e sono come i sogni e a noi non resta che scriverle in fretta, perché poi svaniscono e non si ricordano più".
Ciò che ho capito in questa settimana che poco è stata dedicata al lavoro al tavolino e molto alla ricerca *sul campo* accompagnando i miei genitori in giro per Parigi è tra i bisogni fondamentali delle persone c'è il viaggiare! Non voglio fare un elenco dei benefici del viaggio, che non deve essere una vacanza a cinque stelle in un villaggio anonimo o in un hotel di lusso ma un lasciarsi andare al Vagabonding, ma porre il problema del viaggio inteso a livello politico, risorsa dell'organizzazione mondiale della sanità o più semplicemente del sistema sanitario nazionale per guarire dallo stress o dal male di vivere, dall'apatia e dall'abbruttimento generale delle persone e tra le persone.
Voglio intendere il viaggio, l'allontanarsi dal tram tram quotidiano come un medicamento necessario che spinga a muovere risorse - monetarie e non - per creare la possibilità affinché tutte le persone possano godere di questa medicina senza controindicazioni. Anzi, penso che potrebbe avere molti effetti positivi:
1. Più consapevolezza del mondo che abitiamo (delle persone che lo abitano, delle culture, degli animali e delle piante)
2. Meno attaccamento al nostro modi di vivere percepito come naturale. Riconoscimento del fatto che è una costruzione culturale e come tale può essere cambiato
3. Meno attaccamento a ciò che possediamo o meglio crediamo di possedere (oggetti, persone, credenze)
4. Aumento della curiosità e della voglia di viaggiare per conoscere ciò che è differente da noi
5. Risparmio su spese come l'esercito e tutte le forze armate, inutili in un mondo che è percepito come uno e non divisibile in stati nazionali
6. Riduzione dello stress, dell'apatia, della tristezza e della rabbia
7. Aumento della solidarietà tra le persone, della voglia di migliorare il mondo che abitiamo
8. Aumento della lucidità su ciò che stiamo vivendo, capacità di staccarsene se non ci appartiene più, coraggio di prendere scelte che cambiano la nostra vita
9. Diminuzione delle spese sanitarie e degli ospedali, delle medicine e dei coaching
Mi sono limitata a indicare qualche possibile conseguenza poi ognuno vedrà gli effetti su di sé. Perché non bisogna aspettare che ci sia la società migliore, i governanti migliori, la situazione economica migliore per poter fare tutto ciò. Dobbiamo crearci le nostre possibilità e andare, provare, tentare, realizzare i nostri sogni. L'universo ci sostiene. Ma dobbiamo essere noi i primi e le prime a crederci altrimenti chi crederà in noi e nei nostri sogni?
Nel favoloso libro La prima radice Simone Weil parla di bisogni irrinunciabili per ogni uomo e ogni donna tra cui la bellezza proponendo gite aziendali. Ecco io sono più a favore di politiche del genere che di un reddito di cittadinanza che si configura come "dare dei soldi" e basta, non investendo sul benessere psicofisico delle persone e della società in generale.
06/10/14
A proposito di rivoluzione
Sempre più spesso mi chiedono quanto servano le condivisioni su facebook.
Tanto clamore per delle notizie poi in qualche giorno anche gli ultimi echi si spengono.
A volte la condivisione è più per sentirsi dalla parte *giusta* che per ragionare davvero su un avvenimento.
E comunque da molte condivisioni nascono liti che diventano diffamazioni che possono poi avere degli strascichi legali.
Nello stesso tempo, tuttavia, condividere delle azioni e delle notizie diventa anche un modo per sostenerle.
Creare una cassa di risonanza permette di farle girare e portare queste notizie a chi non ne sa nulla. E magari in cuor suo vuole sapere. Diventiamo un canale, una testimone.
E allora mi sembra il minimo condividere l'evento di una mia cara amica che ha deciso di far diventare la presentazione del libro di Heide Goettner Abendorth, Le società matriarcali un seminario, un luogo di discussione, di trasmissione e di elaborazione di pensiero e conoscenza di altri modi di vivere. Più egualitari. Più liberi.
Questo il testo dell'invito al seminario che si terrà il 15 ottobre
La filosofa tedesca Heide Goettner Abendroth, ha ri-pensato e ri-definito le società matriarcali dimostrando come esse siano società in equilibrio, politicamente orientate all’uguaglianza e alla pace. La studiosa nella sua trentennale ricerca ha messo fine al pregiudizio ideologico che per secoli ha marchiato i matriarcati come i luoghi, immaginari e non, in cui “comandano” le donne.imbrigliati
In questo seminario verranno discussi i principi filosofici sui quali si fondano le società di pace matriarcali, analizzando quelle tuttora esistenti e quelle del passato. I Moderni Studi Matriarcali offrono a donne e uomini spunti di riflessione e di ricerca per una nuova etica e una nuova politica, fondate su una visione olistica e mutuale dell’esistenza.
L’incontro vuole essere anche un’occasione di confronto e dibattito.
Il seminario prevede una durata di 4 ore, dalle h. 18.00 alle h.22.00, con mezz’ora di pausa per un breve spuntino. All’insegna della convivialità chiediamo di portare cibo e bevande da condividere, piatto, posate e bicchiere da casa, per evitare l’uso della plastica.
Per chi viene da fuori, è possibile alloggiare presso il residence di Villa 5, situato sopra la sala del seminario. Info e contatti per la sistemazione: Susanna 348 2803467
Per raggiungere Villa 5, visitare il sito www.villa5.it. Con la metro, scendere a Fermi e proseguire a piedi in direzione del parco. Ampio parcheggio per auto.
Per partecipare è richiesta la prenotazione e un contributo di 25 euro per socie e soci/ 35 euro per chi non è in possesso della tessera associativa.
INFO E PRENOTAZIONI
http://www.associazionelaima.it/
MAIL info@associaizonelaima.it
tel. 340 62 20 363
Partecipate perché:
matriarcato non è contrario di patriarcato
uomini e donne non sono imbrigliati in una lotta tra i sessi
uomini e donne hanno desiderio di vivere in una società che non li opprime con costruzioni culturali e stereotipi
potremo conoscere società che vivono ora e vicino a noi in un modo più egualitario
avremo conoscenza di strumenti che ci permettano di cambiare la nostra società
e tanto altro ...
XI Non attendere. Se vuoi fare una cosa, falla e basta
Oggi primo giorno parigino. Sveglia non troppo presto e colazione. Il tempo non è dei migliori, ma poi si rasserena. Ci sono i miei genitori per questi primi giorni, quindi un po' di ore le voglio trascorrere a fare la turista con loro.
Avevo detto "quando sarò a Parigi mi dedicherò solo alla ricerca" e già contravvengo a questa dichiarazione. Tuttavia mentre la mamma prepara il pranzo decido di guardare i corsi dell'EHESS e di scrivere qualche mail per capire se i prof mi accolgono nei loro corsi, hanno indicazioni bibliografiche e qualche notizia in più rispetto alle schede presenti in internet.
Poi esco e iniziano i giri per Place de la Concorde, il Louvre, Place Vendome etc etc.
Solo a casa ho il wifi quindi mi rilasso all'idea che difficilmente ci saranno sms in arrivo, aggiornamenti di stato di facebook o messaggi di whatsapp a distrarmi dal mio presente.
Quando torno a casa tra le varie mail leggo quella della prof. del seminario di Storia sociale dei femminismi tra XIX e XX secolo che oltre a darmi notizie sulle sue lezioni mi chiede se posso fare una lezione sul femminismo italiano. A parte rimanere perplessa su cosa dire - io che proprio da quello torinese me ne sono voluta andare via in questa trasferta parigina - sono rimasta colpita da questa richiesta!
E allora mi viene da scrivere che veramente l'universo sostiene ciò che noi desideriamo! ma sostenendolo ci chiede di fare un primo passo, osare, tentare di realizzare i nostri sogni!
Troppo spesso ci fermiamo davanti alla paura del fallimento, della derisione, della sconfitta. E invece proviamo a pensare che tutto sia semplice, che ce la possiamo fare, che il nostro desiderio è già realtà, l'ottimismo ci aiuterà a realizzare i nostri sogni meglio e più velocemente!
Avevo detto "quando sarò a Parigi mi dedicherò solo alla ricerca" e già contravvengo a questa dichiarazione. Tuttavia mentre la mamma prepara il pranzo decido di guardare i corsi dell'EHESS e di scrivere qualche mail per capire se i prof mi accolgono nei loro corsi, hanno indicazioni bibliografiche e qualche notizia in più rispetto alle schede presenti in internet.
Poi esco e iniziano i giri per Place de la Concorde, il Louvre, Place Vendome etc etc.
Solo a casa ho il wifi quindi mi rilasso all'idea che difficilmente ci saranno sms in arrivo, aggiornamenti di stato di facebook o messaggi di whatsapp a distrarmi dal mio presente.
Quando torno a casa tra le varie mail leggo quella della prof. del seminario di Storia sociale dei femminismi tra XIX e XX secolo che oltre a darmi notizie sulle sue lezioni mi chiede se posso fare una lezione sul femminismo italiano. A parte rimanere perplessa su cosa dire - io che proprio da quello torinese me ne sono voluta andare via in questa trasferta parigina - sono rimasta colpita da questa richiesta!
E allora mi viene da scrivere che veramente l'universo sostiene ciò che noi desideriamo! ma sostenendolo ci chiede di fare un primo passo, osare, tentare di realizzare i nostri sogni!
Troppo spesso ci fermiamo davanti alla paura del fallimento, della derisione, della sconfitta. E invece proviamo a pensare che tutto sia semplice, che ce la possiamo fare, che il nostro desiderio è già realtà, l'ottimismo ci aiuterà a realizzare i nostri sogni meglio e più velocemente!
04/10/14
From Paris With Love
La borsa di studio che sto portando avanti prevede un soggiorno a Parigi per i prossimi sei mesi.
Così ho deciso di spostare qui la mia vita e il blog! Impegnandomi a scrivere di più.
Perché in questi mesi ho pensato pensato pensato tanto, ma poche volte ho scritto.
Il che è un male se poi non si condivide anche attraverso lo strumento del blog!
Oltretutto in questo periodo sono stata così avvolta dall'amore e dall'energia positiva, che in molti casi diventa vera e propria rivoluzione sociale, culturale e politica (senza mettere di mezzo i partiti!!!), che sarebbe davvero un peccato non condividerla, donarla e farla agire nella rete!
Così rieccomi e che questa avventura parigina mi riservi tante sorprese da poter condividere con voi!
24/09/14
Della meschinità
Pare che alle persone che si impegnano in un lavoro intellettuale tale lavoro non debba essere riconosciuto a livello monetario. Basta la fama, che troppo spesso fa rima con fame. O meglio riducendoti alla fame, rimangono a fare gli intellettuali solo quelli che se lo possono permettere. Che non è un peccato per carità essere ricchi ma sicuramente un vantaggio troppo spesso poco consapevole. E così si parla di meritocrazia senza pensare che un curriculum che sembra valere di più può essere il frutto della possibilità di seguire corsi all'estero, master da migliaia di euro ecc ecc
Sembra quasi che sia più apprezzato un lavoro ripetitivo, inutile, produttivo di cose e oggetti, piuttosto che un lavoro che produce idee, realizza desideri, cambia la società.
La svalorizzazione monetaria, diventata privilegio per alcuni, per altri diventa anche svalutazione del proprio lavoro, mancanza di consapevolezza del proprio pensiero e del proprio agire.
Ecco questo non deve più accadere, non permettiamolo.
Lottiamo per i nostri diritti, riconoscendo per primi, per prime se penso alle donne intellettuali che troppo spesso interiorizzano la società patriarcale che ci vuole sempre alunne e mai maestre, le nostre idee.
La società così come è organizzata è un inganno, una bugia e deve crollare. Non portiamo avanti, per paura quelle consuetudini che fanno del lavoro intellettuale un passatempo, un disquisire che non ha legami con la realtà. Sveliamo la meschinità delle persone che ci svalutano, svalutando per primi/e il loro lavoro, non partecipando ai loro progetti, rivolgendoci ai nostri desideri e trasformandoli in parole e in libri che inducano altre persone a pensare e ad agire.
06/08/14
Le vie infinite della libertà
Per chi fa ricerca come me è abbastanza pericoloso perdersi nella teoria dimenticando la pratica.
La pratica per me è la vita, perché ogni teoria viene prima o poi provata, consciamente o inconsciamente. E se è valida la teniamo, se non è valida la buttiamo. E magari ne sperimentiamo un'altra! Tuttavia molte persone rischiano di percepire come naturale ciò che è culturalmente costruito. Ma, appunto, essendo l'unica modalità conosciuta viene pensata e vissuta come l'unica possibile. Questa però è un'altra storia di cui parlerò in un altro post.
In questo post vorrei parlare di uno dei problemi della divergenza tra teoria e pratica sulla pelle delle donne! Molte donne che conosco e che hanno fanno parte del movimento neo-femminista degli anni 70 scrivono, dicono le peggio cose sul lavoro familiare. Addirittura ora gli uomini studiano la disuguaglianza delle coppie (sposate o conviventi) rispetto al lavoro familiare. E via con le stigmatizzazioni, le ricerche, le percentuali che fanno riflettere sulle nostre scelte e tentano anche di indirizzarle. Io non sono convinta infatti che questi studi si limitino a registrare i dati, ma indirizzano non tanto le politiche quanto chi legge i libri e poi cerca di cambiare gli equilibri della propria coppia o delle sue amiche ... Se sei una donna emancipata o fai tutto da sola sentendosi una wonderwoman, o ti rifiuti di fare i lavori di casa o paghi un'altra donna meno emancipata di te che ti sostituisca all'ultimo gradino della scala sociale.
Ecco questo è il punto: la scala sociale! Ossia il lavoro domestico non è riconosciuto - non è nemmeno nel Pil - quindi non dobbiamo riconoscerlo. "Studia così non farai la casalinga!" - "Studia così potrai permetterti qualcuno che faccia le faccende di casa al posto tuo"
Poi però la vita ti mostra che tante teorie poco servono! Ieri un'amica di mia mamma ha chiesto a mia zia di aiutarla nei lavori di casa. Si mettono d'accordo senza intercessione dei mariti o di altri uomini, sviluppano una solidarietà tra donne (contro tutte quelle idee che le donne non possono essere amiche) e quindi agiscono la propria libertà! E allora al diavolo tutte le teorie, tutte le ricerche e tutti i dati! La vita è ben altro. Io ho adorato questo momento e l'ho voluto condividere con voi, perché se veramente noi donne (e uomini) vogliamo liberarci dagli stereotipi uniamo teoria e pratica e buttiamo via le teorie inutili! La libertà che si agisce nella vita vera è molto, molto migliore di quella agita nei libri.
La pratica per me è la vita, perché ogni teoria viene prima o poi provata, consciamente o inconsciamente. E se è valida la teniamo, se non è valida la buttiamo. E magari ne sperimentiamo un'altra! Tuttavia molte persone rischiano di percepire come naturale ciò che è culturalmente costruito. Ma, appunto, essendo l'unica modalità conosciuta viene pensata e vissuta come l'unica possibile. Questa però è un'altra storia di cui parlerò in un altro post.
In questo post vorrei parlare di uno dei problemi della divergenza tra teoria e pratica sulla pelle delle donne! Molte donne che conosco e che hanno fanno parte del movimento neo-femminista degli anni 70 scrivono, dicono le peggio cose sul lavoro familiare. Addirittura ora gli uomini studiano la disuguaglianza delle coppie (sposate o conviventi) rispetto al lavoro familiare. E via con le stigmatizzazioni, le ricerche, le percentuali che fanno riflettere sulle nostre scelte e tentano anche di indirizzarle. Io non sono convinta infatti che questi studi si limitino a registrare i dati, ma indirizzano non tanto le politiche quanto chi legge i libri e poi cerca di cambiare gli equilibri della propria coppia o delle sue amiche ... Se sei una donna emancipata o fai tutto da sola sentendosi una wonderwoman, o ti rifiuti di fare i lavori di casa o paghi un'altra donna meno emancipata di te che ti sostituisca all'ultimo gradino della scala sociale.
Ecco questo è il punto: la scala sociale! Ossia il lavoro domestico non è riconosciuto - non è nemmeno nel Pil - quindi non dobbiamo riconoscerlo. "Studia così non farai la casalinga!" - "Studia così potrai permetterti qualcuno che faccia le faccende di casa al posto tuo"
Poi però la vita ti mostra che tante teorie poco servono! Ieri un'amica di mia mamma ha chiesto a mia zia di aiutarla nei lavori di casa. Si mettono d'accordo senza intercessione dei mariti o di altri uomini, sviluppano una solidarietà tra donne (contro tutte quelle idee che le donne non possono essere amiche) e quindi agiscono la propria libertà! E allora al diavolo tutte le teorie, tutte le ricerche e tutti i dati! La vita è ben altro. Io ho adorato questo momento e l'ho voluto condividere con voi, perché se veramente noi donne (e uomini) vogliamo liberarci dagli stereotipi uniamo teoria e pratica e buttiamo via le teorie inutili! La libertà che si agisce nella vita vera è molto, molto migliore di quella agita nei libri.
29/07/14
un'iniezione di autostima
Oggi ho avuto una profonda illuminazione e consapevolezza su di me e sul mio lavoro e voglio condividerla prima che sia sommersa da altri pensieri e da altre parole.
In questo periodo sto portando avanti una ricerca che cerca di mediare tra archivi audiovisivi tout court, archivi di enti e associazioni che non sanno da che parte girarsi per il trattamento degli audiovisivi e percorsi di genere che pare siano portati avanti solo dalle femministe o aspiranti tali (lasciamo perdere la polemica #ho bisogno del femminismo perché, #non ho bisogno del femminismo perché).
Da brava ricercatrice e anche perché tra poco tutte le biblioteche e gli archivi chiudono per ferie e io sono maledettamente in ritardo, ho passato tutta la giornata (piovosa) a consultare libri che parlano di archivi audiovisivi.
Scopro di certo l'acqua calda se affermo che ogni libro ha un corredo bibliografico che apre ad altre diecimila possibili vie e che ogni ricerca è potenzialmente infinita.
Infatti non voglio scrivere questo, ma capovolgere o almeno tentare di capovolgere la paura con cui di solito si scrivono libri e la conseguente ricerca dell'argomento limitato e specialistico su cui nessuno ha scritto mai (pena tuttavia la paura dell'esclusione dal circolo degli intellettuali) o semplicemente specialistico in modo da limitare i danni perché tanto nessuno ne sa (e qui corre un piccolo accenno a Umberto Eco e al suo libro su come si scrive una tesi di laurea).
Ciò che voglio dire è questo: non cercate il vostro orticello, quello che potete coltivare solo voi, quello su cui avete diritto di prelazione perché ci siete arrivati prima degli altri. Qui non si tratta di corsa all'oro, ma l'oro sta nella corsa ovvero nel correre in modo diverso, cercare nuove prospettive per guardare situazioni vecchie, abbattere stereotipi e vecchi modi di pensare che il tempo ha trasformato in mostri sacri. Non si tratta di leggere più libri possibili, riempire il vostro testo di citazioni per far sapere che ne sapete o per prendere un voto come durante gli esami, giacché qui non si è ancora dall'altra parte della cattedra. Forse la cattedra c'è solo se la immaginiamo noi e la facciamo vivere metaforicamente accanto alle nostre ricerche.
Siamo liberi di dire ciò che pensiamo, di creare nuovi percorsi, di osare il non ancora detto, il non ancora ascoltato, che prima di tutto è nostro, ci appartiene e lo doniamo al mondo.
Siamo in debito con il mondo, vivendo dobbiamo fare la nostra parte, far agire il nostro io e lo possiamo fare anche dandoci l'autorevolezza di esprimere il nostro pensiero senza paura! Non sto esortando a dire qualunque cosa passi per la testa, ma a riflettere con la nostra testa e a non pensare di non essere mai in grado di poter dire qualcosa fino a quando non si sarà assimilato tutto dato che la quantità di pensiero scritto e parlato che circola non è possibile sia tutto letto e compreso! Altrimenti ci condanniamo al silenzio e priviamo il mondo del nostro pensiero e noi stessi della consapevolezza di averne uno!!!
In questo periodo sto portando avanti una ricerca che cerca di mediare tra archivi audiovisivi tout court, archivi di enti e associazioni che non sanno da che parte girarsi per il trattamento degli audiovisivi e percorsi di genere che pare siano portati avanti solo dalle femministe o aspiranti tali (lasciamo perdere la polemica #ho bisogno del femminismo perché, #non ho bisogno del femminismo perché).
Da brava ricercatrice e anche perché tra poco tutte le biblioteche e gli archivi chiudono per ferie e io sono maledettamente in ritardo, ho passato tutta la giornata (piovosa) a consultare libri che parlano di archivi audiovisivi.
Scopro di certo l'acqua calda se affermo che ogni libro ha un corredo bibliografico che apre ad altre diecimila possibili vie e che ogni ricerca è potenzialmente infinita.
Infatti non voglio scrivere questo, ma capovolgere o almeno tentare di capovolgere la paura con cui di solito si scrivono libri e la conseguente ricerca dell'argomento limitato e specialistico su cui nessuno ha scritto mai (pena tuttavia la paura dell'esclusione dal circolo degli intellettuali) o semplicemente specialistico in modo da limitare i danni perché tanto nessuno ne sa (e qui corre un piccolo accenno a Umberto Eco e al suo libro su come si scrive una tesi di laurea).
Ciò che voglio dire è questo: non cercate il vostro orticello, quello che potete coltivare solo voi, quello su cui avete diritto di prelazione perché ci siete arrivati prima degli altri. Qui non si tratta di corsa all'oro, ma l'oro sta nella corsa ovvero nel correre in modo diverso, cercare nuove prospettive per guardare situazioni vecchie, abbattere stereotipi e vecchi modi di pensare che il tempo ha trasformato in mostri sacri. Non si tratta di leggere più libri possibili, riempire il vostro testo di citazioni per far sapere che ne sapete o per prendere un voto come durante gli esami, giacché qui non si è ancora dall'altra parte della cattedra. Forse la cattedra c'è solo se la immaginiamo noi e la facciamo vivere metaforicamente accanto alle nostre ricerche.
Siamo liberi di dire ciò che pensiamo, di creare nuovi percorsi, di osare il non ancora detto, il non ancora ascoltato, che prima di tutto è nostro, ci appartiene e lo doniamo al mondo.
Siamo in debito con il mondo, vivendo dobbiamo fare la nostra parte, far agire il nostro io e lo possiamo fare anche dandoci l'autorevolezza di esprimere il nostro pensiero senza paura! Non sto esortando a dire qualunque cosa passi per la testa, ma a riflettere con la nostra testa e a non pensare di non essere mai in grado di poter dire qualcosa fino a quando non si sarà assimilato tutto dato che la quantità di pensiero scritto e parlato che circola non è possibile sia tutto letto e compreso! Altrimenti ci condanniamo al silenzio e priviamo il mondo del nostro pensiero e noi stessi della consapevolezza di averne uno!!!
25/07/14
La mia lista *To Do*
L'altro giorno ho avuto consapevolezza che le nostre pratiche quotidiane hanno valore non solo per noi ma per il mondo intero, quando le condividiamo senza paura di essere prese per matte.
E proprio per questo voglio condividerla con voi, credendo possa aiutare o se non altro farvi dire "perché no?"
Da anni al mattino (non sempre ma quando voglio essere performativa sì) faccio la lista *To Do*, ossia l'elenco delle cose che devo/voglio fare durante la giornata:
- mail da inviare
- persone da chiamare
- libri/articoli da leggere
- faccende di casa da sbrigare
- scadenze varie
insomma tutto ciò con cui voglio riempire la giornata.
E a poco a poco cancello le cose fatte e c'è tanta soddisfazione nell'arrivare a sera e vedere una serie di linee orizzontali sul foglio! Perché fare l'elenco sul computer e poi cancellare non dà la stessa sensazione di aver fatto tanto!!! Si muove energia diversa perché fare non è uguale a cancellare!!
Gli effetti positivi sono tantissimi! Innanzitutto la consapevolezza di ciò che si fa, troppo spesso dispersa nelle cose che si fanno. L'attenzione a ciò che si fa (ci interessa davvero? è un obbligo? un piacere? un desiderio?). Aumenta e migliora l'autostima (caspita quante cose faccio!!!) e la gioia verso noi stesse e chi ci circonda!
Provate anche una volta, così per curiosità :)
E proprio per questo voglio condividerla con voi, credendo possa aiutare o se non altro farvi dire "perché no?"
Da anni al mattino (non sempre ma quando voglio essere performativa sì) faccio la lista *To Do*, ossia l'elenco delle cose che devo/voglio fare durante la giornata:
- mail da inviare
- persone da chiamare
- libri/articoli da leggere
- faccende di casa da sbrigare
- scadenze varie
insomma tutto ciò con cui voglio riempire la giornata.
E a poco a poco cancello le cose fatte e c'è tanta soddisfazione nell'arrivare a sera e vedere una serie di linee orizzontali sul foglio! Perché fare l'elenco sul computer e poi cancellare non dà la stessa sensazione di aver fatto tanto!!! Si muove energia diversa perché fare non è uguale a cancellare!!
Gli effetti positivi sono tantissimi! Innanzitutto la consapevolezza di ciò che si fa, troppo spesso dispersa nelle cose che si fanno. L'attenzione a ciò che si fa (ci interessa davvero? è un obbligo? un piacere? un desiderio?). Aumenta e migliora l'autostima (caspita quante cose faccio!!!) e la gioia verso noi stesse e chi ci circonda!
Provate anche una volta, così per curiosità :)
21/06/14
sì! viaggiare
Qualche giorno fa ho scritto che un viaggio è sempre un piccolo miracolo perché ci permette di vedere posti magnifici e di riflettere su molte cose, noi stessi, i nostri rapporti, le scelte che abbiamo fatto e che dobbiamo fare.
Più aumenta la distanza fisica e mentale dal nostro modo di vivere quotidiano più riusciremo a trovare le risposte ai nostri dubbi e alle nostre domande.
Così in mezzo a qualche foto del Sinai ecco dei pensieri vagabonding
Andarsene da casa è una specie di perdono e,
quando si arriva tra sconosciuti, ci si stupisce del fatto che sembrino persone per bene.
Nessuno vi deride o spettegola su di voi, nessuno invidia i vostri successi o gode per le vostre sconfite.
Dovete ricominciare, è una specie di redenzione.
[Garrison Keillor, Leaving Home]
A volte dobbiamo fuggire nelle solitudini aperte, nell'assenza di scopi, nella vacanza morale consistente nel correre puri rischi, per affilare la lama della vita, per saggiare le difficoltà ed essere costretti a sforzarsi disperatamente, vada come vada.
[George Santayana, The Philosophy of travel]
Il piacere di viaggiare è tutto negli ostacoli, nella fatica e anche nel pericolo. Che fascino possiamo trovare in un'escursione in cui siamo sempre sicuri di raggiungere la meta, di avere i cavalli che ci aspettano, un letto morbido, un'ottima cena e tutti gli agi e le comodità di cui possiamo godere anche a casa nostra?
Una delle grandi disgrazie della vita moderna è la mancanza di soprese e l'assenza di avventure. Tutto è così ben organizzato.
[Théophile Gautier, Espana]
Spesso sento che vado in zone lontane del mondo solo per ricordarmi chi sono... Quando ci si priva del proprio ambiente, degli amici, delle abitudini quotidiane, del frigorifero pieno di cibo, dell'armadio pieno di abiti, si è costretti a vivere un'esperienza diretta che, inevitabilmente, vi fa capire chi veramente sta facendo quella esperienza. Non è sempre comodo, ma rinvigorisce sempre.
[Michael Crichton, Viaggi]
07/02/14
Dell'abilitazione e di altre oppressioni
Questo è un post che volevo scrivere da un po' di settimane. Poi come si sa a volte ci sono delle priorità che si impongono. In realtà c'è anche la questione che non è un post facile. Ma voglio semplificarlo perché sia comprensibile.
Ho iniziato a pensarci quando sono usciti i risultati dell'abilitazione nazionale alla ricerca.
Io faccio la ricercatrice. Quando devo compilare dei moduli mi definisco così.
Perché per me è il lavoro più bello del mondo e voglio condividerlo il più possibile.
Mi sono chiesta quindi quando ho visto i risultati di alcune categorie cosa significhi farsi abilitare. Che secondo chi giudica possiamo essere capaci o no? e quali sono i parametri con cui giudicano? dottorati e altri titoli, pubblicazioni nazionali e internazionali, importanza dei contenuti.
Tutti parametri validi, per carità. Ma si sa, e lo sa benissimo chi fa ricerca, che in questi parametri non ci può essere meritocrazia, non c'è oggettività. I parametri sono il risultato di una serie di strutturazioni culturali che fanno dire che chi ha un titolo più alto vale di più, che chi pubblica fa più ricerca, che chi è riconosciuto a livello internazionale ha più meriti.
E allora mi chiedo perché continuare a perpetuare queste oppressioni? Perché le persone non si ribellano, avendo gli strumenti culturali per farlo?
Chi mi ha deluso di più in questo caso sono alcune donne che conosco. Donne che si definiscono femministe, che fanno ricerca di studi di genere, glbtqi e altro. Che senso ha nei libri, nelle conferenze, nei convegni e nei dibattiti citare Virginia Woolf e la sua assenza dalle sfilate degli uomini colti e Carla Lonzi e la sua assenza dai momenti celebrativi della manifestazione creativa maschile?
C'è da riflettere su cosa diciamo rispetto a come agiamo. Solo quando sappiamo andare oltre il riconoscimento degli altri, il nostro ego e il nostro narcisismo possiamo veramente costruire un mondo meno opprimente anche all'interno del mondo della ricerca.
I parametri poi sono assurdi: fare continuamente attività di ricerca, pubblicazione e insegnamento significa eliminare completamente tutto il resto, la socializzazione, il tempo libero e le relazioni. La ricerca invece per essere efficace e non mero trastullo deve inserirsi nella nostra vita, plasmare i nsotri sensi, le nostre amicizie, il rapporto con gli altri, le altre e il mondo!!!
Ho iniziato a pensarci quando sono usciti i risultati dell'abilitazione nazionale alla ricerca.
Io faccio la ricercatrice. Quando devo compilare dei moduli mi definisco così.
Perché per me è il lavoro più bello del mondo e voglio condividerlo il più possibile.
Mi sono chiesta quindi quando ho visto i risultati di alcune categorie cosa significhi farsi abilitare. Che secondo chi giudica possiamo essere capaci o no? e quali sono i parametri con cui giudicano? dottorati e altri titoli, pubblicazioni nazionali e internazionali, importanza dei contenuti.
Tutti parametri validi, per carità. Ma si sa, e lo sa benissimo chi fa ricerca, che in questi parametri non ci può essere meritocrazia, non c'è oggettività. I parametri sono il risultato di una serie di strutturazioni culturali che fanno dire che chi ha un titolo più alto vale di più, che chi pubblica fa più ricerca, che chi è riconosciuto a livello internazionale ha più meriti.
E allora mi chiedo perché continuare a perpetuare queste oppressioni? Perché le persone non si ribellano, avendo gli strumenti culturali per farlo?
Chi mi ha deluso di più in questo caso sono alcune donne che conosco. Donne che si definiscono femministe, che fanno ricerca di studi di genere, glbtqi e altro. Che senso ha nei libri, nelle conferenze, nei convegni e nei dibattiti citare Virginia Woolf e la sua assenza dalle sfilate degli uomini colti e Carla Lonzi e la sua assenza dai momenti celebrativi della manifestazione creativa maschile?
C'è da riflettere su cosa diciamo rispetto a come agiamo. Solo quando sappiamo andare oltre il riconoscimento degli altri, il nostro ego e il nostro narcisismo possiamo veramente costruire un mondo meno opprimente anche all'interno del mondo della ricerca.
I parametri poi sono assurdi: fare continuamente attività di ricerca, pubblicazione e insegnamento significa eliminare completamente tutto il resto, la socializzazione, il tempo libero e le relazioni. La ricerca invece per essere efficace e non mero trastullo deve inserirsi nella nostra vita, plasmare i nsotri sensi, le nostre amicizie, il rapporto con gli altri, le altre e il mondo!!!
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